Il Fatto di Bruno Fasani
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Convinti di essere molto colti scopriamo nella realtà che siamo ignoranti (e non poco)

Mi colpisce un passo di san Paolo quando scrive agli abitanti di Colossi, antica città, a metà strada tra Efeso e l’Eufrate, dove già aveva buttato la semente del Vangelo

Parole chiave: Il Fatto (436)

Mi colpisce un passo di san Paolo quando scrive agli abitanti di Colossi, antica città, a metà strada tra Efeso e l’Eufrate, dove già aveva buttato la semente del Vangelo. Mi colpisce perché pur avendolo letto, studiato, commentato, è come se mi arrivasse per la prima volta.  E qui capisci che la Parola di Dio è perenne, non tanto perché sia immutabile nella sua formulazione, ma perché il parlare di Dio dice sempre cose nuove nei diversi scenari storici con i quali si relaziona.
Ma capisci anche perché certe omelie fanno fiasco quando si limitano ad enunciare principi che sembrano delle lapidi più che il parlare di Dio nell’oggi della gente. Dice san Paolo che “in Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza” (Col. 2, 3).
Rifletto e mi rendo conto che siamo immersi in un mondo di ignoranti. Eppure oggi, quando va male, uno straccio di diploma lo porta a casa qualsiasi ragazzo. Se poi va benino, si rimedia anche una laurea breve. Più oltre siamo già nella sfera del benone. Nonostante ciò l’impressione è che viviamo nell’ignoranza. Perché si può essere scienziati, professori, luminari della medicina, restando ignoranti sull’essenza delle cose. Siamo andati sulla luna, inviamo le sonde su Marte, riconosciamo il Nobel a luminari della cultura e della scienza, ma abbiamo perso il sapere delle cose che contano, del perché siamo qui e dell’esito finale della nostra esistenza. È scomparsa dall’orizzonte la trascendenza. Scomparso il senso di eternità, a dispetto di tutte le vittorie della scienza e della medicina, di fatto solo vittorie apparenti, perché la sconfitta vera, quella della fine che arriva con la morte, è solo differita e qualche volta anticipata. Come vorrebbe la legge sulla libera eutanasia, cercata quando il lumicino della speranza si spegne prima della consumazione fisica.
Nel palazzo milanese che è bruciato la scorsa settimana, all’ultimo piano abitava un noto primario della medicina. Ai cronisti ha raccontato che tutto quello che era nel suo appartamento è andato distrutto. Colato, per la precisione. Compresa la cassaforte con tutti i tesori che si portava dentro e che era murata. Unico oggetto rimasto perfettamente intatto, un crocifisso appeso alle pareti. “Io sono laico e mi misuro con la scienza”, ha tenuto a precisare con il distacco del razionalista politicamente corretto, però…
Però, è che il benessere che ci ha resi più agiati, il potere delle cose, ossia del denaro che le fa girare, le nuove tirannie ideologiche ammantate di promesse libertarie, l’indifferenza religiosa come senso di emancipazione... tutto questo ci ha resi curvi e incapaci di alzare la testa verso l’alto. Pian piano abbiamo rinunciato al polmone della spiritualità e della coscienza, per vivere con il solo polmone delle cose e dei servizi che ci vengono dall’esterno. Siamo tutti col fiatone mentre a parole diciamo che ci mancano i valori. Fintanto che un crocifisso...
Ci basterebbe il coraggio di ammettere il peso della nostra ignoranza e tornare a Gesù, per scoprire in Lui il tesoro della conoscenza e della sapienza. Restituirgli il merito di aver dato alle creature le chiavi risolutive del vivere nella pace. Un mondo dove siamo uguali, non grazie al legislatore, ma perché generati da uno stesso Creatore. Liberi non perché capaci di addentrarci nei labirinti della psicologia e cercare la via di uscita, ma perché capaci di farci largo tra le spire del peccato che ci abbruttisce e ci morde come un animale aggressivo. Fratelli non perché il buonismo ideologico ce lo impone, ma perché figli di uno stesso Padre. Un percorso vero, dalla notte dell’ignoranza alla luce della verità.

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