Il Fatto di Bruno Fasani
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Ci pensano i ragazzi a sdoganare il diavolo

Un tempo bastava parlare del diavolo per incutere paura. Non solo quella di finire tra le fiamme come degli arrosticini abruzzesi. L’ombra del maligno era uno dei più grandi deterrenti contro la tentazione e le coscienze si plasmavano all’idea di dover finire per sempre tra le sue grinfie...

Parole chiave: Il Fatto di mons. Bruno Fasani (46)

Un tempo bastava parlare del diavolo per incutere paura. Non solo quella di finire tra le fiamme come degli arrosticini abruzzesi. L’ombra del maligno era uno dei più grandi deterrenti contro la tentazione e le coscienze si plasmavano all’idea di dover finire per sempre tra le sue grinfie. Ma era tutta la cultura che finiva per essere condizionata da questo orizzonte di perdizione, tant’è vero che padre Dante dedicherà un libro della sua trilogia al regno dei dannati. L’inferno come il luogo dove si espiano gli errori, non solo privati, ma anche quelli che coinvolgono la dimensione sociale. Anche Gesù, come ci raccontano i vangeli, ha dovuto misurarsi con questo essere spaventoso, nemico dell’uomo. Per venire più vicino a noi, è un fatto che a partire dagli anni ’70 si era deciso che bisognava finirla di parlare della Bestia Nera. Guai a pronunciarne il nome in qualche omelia. Per qualche prete era diventato eccessivo perfino recitare la formula della rinuncia a Satana, quella richiesta dalla professione di fede prima del battesimo.
Di tutto questo sentire, nelle nuove generazioni sembra non sia rimasta neppure una briciola. Solo che ci hanno pensato i ragazzi a sdoganare nuovamente il diavolo. Anzi ci ha pensato internet, insegnando alle nuove generazioni come invocarlo, per ottenere responsi e benefici. E così, le sedute spiritiche in cui si chiama a convito il demonio sembrano l’ultima frontiera dei giochi stupidi per adolescenti annoiati. Ne sa qualcosa una scuola del Basso veronese, dove in due classi delle Medie un gruppetto di ragazzi non ha trovato niente di meglio da fare se non esercitarsi nell’ultima frontiera dell’esoterico, ossia il «Charlie Charlie Challenge», un gioco che impazza su internet e che ha già causato qualche trauma nei ragazzi più sensibili. Il gioco consiste nel piegare un foglio in quattro e poi, incrociando due matite, invocare il demonio, il quale risponderebbe alle domande che vengono fatte. Basta il respiro o qualche breve tocco sul tavolo perché le matite, in equilibrio precario, si muovano simulando un responso del Maligno, che responso in realtà non è.
Accennavo ai rischi di questo fenomeno culturale, se mai si possa chiamare cultura questa melma. Il primo riguarda gli effetti devastanti sui ragazzi psicologicamente più sensibili, i quali, il dato è certificato, in molti casi hanno subito traumi non indifferenti. A fronte di soggetti più smagati e senza scrupoli, c’è ancora, per fortuna, una componente sana, che avverte il fascino del bene e il pericolo del male.
Ed è proprio questo ultimo aspetto che pone i più seri punti interrogativi. Com’è possibile che ragazzi di undici, dodici anni avvertano il fascino del male, senza sentirne paura? Nell’uomo c’è certamente l’inclinazione al male, ma più forte di questo c’è la nostalgia per il bene. Solo una società senza bussola può educare le nuove generazioni a sognare una storia senza lieto fine, dove le forze ostili hanno il sopravvento su quelle del bene.
Se volete è tutta una cultura, la nostra, impregnata di caligine, quella di maghi e maghetti, di mostri, dinosauri, streghe e vampiri, Halloween e tanto altro. Una sagra dell’orrido che va in cerca di grandezze negative, perdendo il confronto con le uniche realtà capaci di restituire l’uomo al meglio delle sue potenzialità, cominciando dal Vangelo.

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