Il Fatto di Bruno Fasani
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Bob Dylan vince il Nobel ma quello dei maleducati

Una cosa è sicura. Se esistesse il Nobel per la creanza, Bob Dylan non l’avrebbe preso neanche a farci una novena. O forse sì. Perché deve aleggiare una sorta di masochismo nel collegio degli attempati professori, che ogni anno assegnano il prestigioso premio...

Parole chiave: Il Fatto (417), Bruno Fasani (325), Bob Dylan (1), Nobel (1)

Una cosa è sicura. Se esistesse il Nobel per la creanza, Bob Dylan non l’avrebbe preso neanche a farci una novena. O forse sì. Perché deve aleggiare una sorta di masochismo nel collegio degli attempati professori, che ogni anno assegnano il prestigioso premio. Euro più euro meno, 850mila baiocchi. Ma forse più che masochisti, si tratta di un gruppo di originali pensatori, presi dal baus del politicamente corretto. Quello del radicalismo salottiero. Comunista al punto giusto, anarchico al punto giusto, laicissimamente puro, per l’amor di Dio! Così puro da negare, a suo tempo, il Nobel per la pace a San Giovanni Paolo II, colpevole di appartenere ad una confessione religiosa. Certo, con tanta disponibilità di denaro, va da sé che qualche scelta la imbroccano, ma su qualche altra ci fanno di quelle cilecche, che sembrano sparate con uno schioppetto ad acqua.
Non so se sia il caso di Dylan e del suo premio per la letteratura. Certo, per chi è cresciuto a pane e Omero, pane e Virgilio, con Dante e Petrarca, è difficile fare il travaso mentale tra letteratura e canzonette. Le quali saranno anche belle, avranno fatto anche una rivoluzione culturale, ma rimangono pur sempre nella sfera della musica leggera.
Sia come sia, per Dylan non sono stati certo 850mila euro a muovergli sentimenti di gratitudine. Per chi di soldi ne ha fatti a palate, devono essergli sembrati una pensione minima di casa nostra. E neppure deve avergli toccato il cuore sapere che il mondo inneggiava alla scelta, consacrandolo come dio delle belle arti. La prova è che per settimane lui s’è defilato. Letteralmente sparito, roba da tirare in ballo Chi l’ha visto? Non si pretendeva un grazie, che sarebbe stato come chiedergli la gamba di un santo, ma magari un cenno, quello che in gergo va sotto il nome di educazione, per dire che sì, era grato per il fatto che avessero pensato a lui. Niente di niente, come se si trattasse di una tentazione borghese, un cedimento all’adulazione per gente che non è abituata ad aver bisogno degli altri. Una fai da te della psiche, che pensa alla Trinità come un cedimento di autonomia.
La polpetta finale l’ha servita rifiutandosi di andare a ritirare il premio il 10 dicembre prossimo. Avrebbe dovuto proporsi con una lectio magistralis. Ma ha fatto sapere che la lectio sarà un concerto che terrà da quelle parti il prossimo anno. Della serie, due piccioni con una fava: un cachet per l’esibizione, più la mancia del Nobel. Evviva Bob Dylan. Da sempre ci hanno detto che l’uomo è schivo e riservato. Ma nella gamma degli eufemismi facciamo fatica a mettere insieme queste caratteristiche con il comportamento assunto. La timidezza spesso accentua la cortesia e la ritrosia degli umili ha un linguaggio pieno di tenerezza. Saremo anche d’altri tempi. Ma a noi, la parola che ci viene spontanea è semplicemente maleducazione.

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