Editoriale
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Quel semicerchio accogliente

“L’essenziale è invisibile agli occhi”, diceva la volpe al piccolo principe nella celebre opera di Antoine de Saint-Exupéry. Questa frase mi è tornata in mente guardando con attenzione al nuovo logo della Chiesa di Verona...

Parole chiave: Logo (2), Editoriale (381), Luca Passarini (79), Chiesa di Verona (9)
Quel semicerchio accogliente

“L’essenziale è invisibile agli occhi”, diceva la volpe al piccolo principe nella celebre opera di Antoine de Saint-Exupéry. Questa frase mi è tornata in mente guardando con attenzione al nuovo logo della Chiesa di Verona, che vi abbiamo presentato con cura nel numero precedente. Tra quei semplici ed efficaci tratti, emergono il pastorale, la croce di Cristo risorto, il pesce simbolo dei cristiani e di ogni uomo, ma – appunto – secondo me ciò che è più significativo è proprio l’elemento grafico che rischia di passare inosservato. Dalla prima volta che l’ho visto, mi ha subito colpito quella sorta di semicerchio che è sotto il grande segno del pastorale, a racchiudere croce e pesce. È quasi invisibile, ma essenziale: mi pare sia il modo migliore per esprimere quello che è la Chiesa. Padre Silvano Fausti ne parlava come il “tutti-accoglie”, traducendo letteralmente “l’albergo” in cui il buon samaritano porta l’uomo che, scendendo da Gerusalemme a Gerico, è incappato nei briganti. Secondo il gesuita esegeta, questo “tutti-accoglie” è Gesù che “raccoglie e ospita tutti gli esclusi della Legge e della vita”, ma anche “la comunità di coloro che fanno come lui”. Continua Fausti nel suo commento: “In questa casa chiunque è nel bisogno trova ospitalità” e “nessun male escluderà mai dall’accoglienza”. Credo allora che la vera novità che possiamo immettere è in realtà una riscoperta, ovvero che la Chiesa è la casa in cui si incontrano Cristo e l’umanità, nel logo rappresentate appunto dalla croce e dal pesce. Qui tutti possono trovare riparo, sostentamento, ascolto, compagnia, rifugio, ma anche consigli, a volte affettuosi a volte più fermi, come in ogni autentica e familiare abitazione. Con la consapevolezza che il tetto di questa casa ha la forma di un ventre materno, accogliente e fecondo, non destinato a rimanere chiuso ed escludente – altrimenti sarebbe la morte – ma continuamente “scoperchiabile” se c’è un amico bisognoso da portare a Gesù come in un’altra famosa pagina del Vangelo. E ancora, questa abitazione rimane in piedi perché ha fondamenta solide, ma che non diventano una prigione; con un limite invalicabile che è il tenere insieme l’umano e il divino, che dopo l’incarnazione mai nessuno può osare separare.

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