Condiscepoli di Agostino
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Politica ed economia in dialogo

A cominciare dal paragrafo 189 dell’enciclica Laudato si’, papa Francesco affronta uno dei nodi più problematici del nostro tempo, talmente aggrovigliato da essere diventato un nodo scorsoio. Si tratta della dipendenza, da capestro, della politica rispetto all’economia e soprattutto del sistema delle finanze, rovesciando le competenze: dovrebbe essere la politica a governare economia e finanze e non viceversa...

Parole chiave: Parlandoci da Cristiani (28), Politica (43), Economia (128), mons. Giuseppe Zenti (325), Vescovo di Verona (247)

A cominciare dal paragrafo 189 dell’enciclica Laudato si’, papa Francesco affronta uno dei nodi più problematici del nostro tempo, talmente aggrovigliato da essere diventato un nodo scorsoio. Si tratta della dipendenza, da capestro, della politica rispetto all’economia e soprattutto del sistema delle finanze, rovesciando le competenze: dovrebbe essere la politica a governare economia e finanze e non viceversa. Purtroppo oggi la superpotenza, anonima, che tutto determina e governa è il sistema finanziario senza regole etiche. Così inizia il paragrafo 189: “La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia” (Ls 189). Purtroppo, afferma il Papa, la stessa determinazione di salvare ad ogni costo le banche in crisi, “facendo pagare il prezzo alla popolazione […] riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro” (ivi). La stessa crisi finanziaria del 2007-2008 avrebbe dovuto far riflettere sull’insensatezza di un sistema finanziario fondato sulla ricchezza virtuale (cf ivi): “ciò che non si affronta con decisione è il problema dell’economia reale” (ivi), dando la possibilità alle piccole e medie imprese di svilupparsi e di creare, in tal modo, occupazione (cf ivi).
Di conseguenza, i meccanismi di mercato del sistema economico finanziario di oggi non sono in grado di difendere l’ambiente. Al contrario, “chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti (non si ferma) a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni” (Ls 190). E prosegue, in modo incalzante: “All’interno dello schema della rendita non c’è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall’intervento umano” (ivi).
Il Papa fa osservare che lo sviluppo e il progresso devono essere sostenibili e non solo possibili e che rallentare un determinato sistema di sviluppo non significa paralizzare lo sviluppo, ma semplicemente prenderne in considerazione un altro più attento alla dignità dell’uomo (cfr Ls 191), più capace di proteggere l’ambiente, di favorire l’occupazione e di riutilizzare materiali scartati (cfr Ls 192). In ogni caso lo sviluppo del progresso non può essere considerato un assoluto: “Di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi” (Ls 193). A tal fine, papa Francesco non esita a proporre il coraggio di una «decrescita» da parte di chi è indirizzato sulla strada della crescita esponenziale, al fine di far crescere nel frattempo i Paesi più poveri, come già affermava papa Benedetto XVI: “È necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti caratterizzati dalla sobrietà, diminuendo il proprio consumo di energia e migliorando le condizioni del suo uso” (ivi). Di qui l’affondo che, per la sua lucidità e lungimiranza, non può essere accantonato: “Affinché sorgano nuovi modelli di progresso, abbiamo bisogno di cambiare il modello di sviluppo globale, la qual cosa implica riflettere responsabilmente sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni” (Ls 194). Il che esige la determinazione di “ridefinire il progresso” (ivi).

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