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“Fulminato” da un versetto del Benedictus

di GIANNI MORATELLO
Non finirò mai di esprimere la mia riconoscenza al Signore

“Fulminato” da un versetto del Benedictus

di GIANNI MORATELLO
Nella mia vita ho ricevuto innumerevoli grazie, per le quali non finirò mai di esprimere la mia riconoscenza al Signore, prima fra tutte quella di nascere in una famiglia cristiana, all’interno di una comunità locale accogliente, parte di una Chiesa locale viva. Nel periodo dell’inevitabile ma salutare sbandamento adolescenziale, il Signore mi ha fatto incontrare il carisma dell’unità del movimento dei Focolari, che mi ha fatto scoprire la bellezza del Vangelo vissuto nella vita quotidiana e mi ha fatto avvicinare al mistero di un Dio che è Amore e che chiama tutti gli uomini all’unità, nel seno del Padre. Dopo il periodo dell’università a Padova e del servizio civile presso la Caritas, nel corso degli anni, assieme alla moglie, abbiamo sempre cercato di accompagnare con cura i cammini di iniziazione cristiana dei figli. Questo ci ha fatto approfondire le relazioni con il mondo della parrocchia, finché un giorno il parroco mi ha confidato di aver intravisto in me un futuro diacono permanente. Tuttavia in quel momento non mi sentivo né pronto né adatto, e non mi pareva nemmeno vi fossero le condizioni familiari e lavorative idonee per intraprendere un cammino così impegnativo. Dopo qualche anno però molte di quelle condizioni sono mutate e inoltre nel frattempo mi sono inserito in diocesi nella Consulta delle aggregazioni laicali, ho potuto conoscere e apprezzare alcuni diaconi permanenti, mi sono impegnato a livello parrocchiale e – quel che più conta – il rapporto col Signore si è come “purificato”. Così, dopo un periodo di grazia particolare, durante un momento di preghiera mi è sembrato di percepire la chiamata ad un impegno ministeriale più intenso, per servire meglio Cristo nella sua Chiesa. In particolare c’è stato un passo biblico che mi ha letteralmente “fulminato”. È tratto dal Vangelo di Luca e recita così: “Il Signore […] si è ricordato […] di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia, al suo cospetto, per tutti i nostri giorni!”. Così leggendo e rileggendo quel passo che è divenuto subito preghiera, via via tutta la mia vita acquistava un senso: il passato, il presente e il futuro. Quel Dio che mi aveva amato da sempre, ora mi stava liberando dalle “mani dei nemici” cioè dai miei limiti e dai miei timori, e mi concedeva di “servirlo in santità e giustizia”, cioè sia nella dimensione spirituale/liturgica, sia nella dimensione della giustizia che abbraccia tutti gli ambiti della vita umana concreta. E non mi stava chiedendo un impegno generico o volontaristico, ma mi chiedeva di farlo “al suo cospetto”, che vuol dire nella verità, nell’umiltà, nella concretezza, riconoscendo la sua presenza sia nei Sacramenti che nei fratelli. E infine quel “per tutti i nostri giorni” non lasciava adito ad alcun dubbio: la scelta doveva essere radicale, per tutta la vita. Così dopo un opportuno periodo di discernimento e di preghiera sono partito con entusiasmo per il necessario e prezioso cammino di formazione e di studio che, con ancora maggiore entusiasmo e riconoscenza, sto concludendo in vista dell’imminente ordinazione diaconale. Ora, se devo essere sincero, non mi sento certo all’altezza di un così alto disegno di Dio su di me ed in particolare del carisma sotteso al diaconato, ma sento anche di dover dire, umilmente, come Maria, il mio “fiat”.

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