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Agsm, prove tecniche di finanziamenti e matrimoni

Con Aim Vicenza ci siamo quasi, con i lombardi di A2A... 

Parole chiave: Fusioni (1), Energia (16), Agsm (4), Verona (223), Comune di Verona (19)
Agsm, prove tecniche di finanziamenti e matrimoni

Si dice che Agsm Verona non può stare da sola. Si sostiene che siano necessarie fusioni, alleanze, accordi con altre realtà multiutility italiane. Si procede su questa strada ormai da tempo: le amministrazioni Tosi e Sboarina (l’azienda è del Comune di Verona) discutono con Vicenza per unire i destini scaligeri con quelli della berica Aim. Molto altro non si sa della trattativa, se non che è lunga un parto: ci sono questioni politiche, tecniche, logistiche, amministrative da affrontare e risolvere.

Una certa energia l’ha messa il nuovo presidente dell’Agsm, Daniele Finocchiaro (succeduto a un Michele Croce divenuto inviso al sindaco Sboarina), che ritiene necessaria non solo un’alleanza strettissima con i vicentini, ma soprattutto una partnership – almeno industriale – con un colosso energetico italiano. E siccome questi ultimi non sono centomila, il quadro si semplifica assai: l’A2A brescian-milanese o gli emiliani di Hera?

Un passo a lato. A2A è realmente un colosso, almeno in Italia. Negli ultimi anni ha decisamente sterzato verso una politica di grandeur: nel corso del 2018 ha concluso le aggregazioni con le utilities di Como, Monza, Sondrio, Lecco e Varese. Nei giorni scorsi ha annunciato una collaborazione con Lombardia Ambiente Energia Brianza (Aeb) e sta ragionando sul dossier Amba di Seregno. 

Ormai in Lombardia domina, a parte Tea di Mantova che però è già nel mirino. Ma il sogno sta a est, guardacaso al di là del Mincio: Agsm-Aim sarebbero perfette, territori ricchi, aziende sane, business diversificati. E mentre lo sguardo si volta a levante, A2A s’appresta a fare la sua offerta per acquisire i 275mila clienti del gruppo Sorgenia (i lombardi ne hanno già un milione e mezzo quanto a forniture di metano, e un milione 300mila per l’elettricità) e soprattutto gli 800 megawatt delle centrali a ciclo combinato gas-turbine di Sorgenia, perfetti per produrre elettricità nei “buchi” lasciati dalle energie rinnovabili (che hanno limiti “fisici” e mancanza di capacità di stivaggio). 

Orbene, la questione si fa politica e psicologica. Perché non c’è dubbio che anche Verona sia, diciamo, incuriosita dalla proposta milanese. Un gruppo da 5.500 mw di capacità installata, con milioni di clienti, con la forza di vincere lucrosi e consistenti contratti con la pubblica amministrazione per forniture energetiche, con un inceneritore a Brescia che è un gioiello, fatica a non destare interesse.

Ma ciò si scontra anzitutto con un orientamento politico di stampo leghista, che avrebbe preferito far nascere una grande multiutility nel Nordest (progetto tutto sommato tramontato); soprattutto con certe remore psicologiche non di poco conto: Milano non si affianca, ingloba. I detrattori indicano il matrimonio tra Banca Popolare di Milano e Banco Popolare scaligero (da cui Banco Bpm) come prova: non è stato alla pari, lo sarà forse ancor meno in futuro, dicono. E rincarano: anche tra Milano e Brescia dovevano essere nozze alla pari, dentro il progetto A2A. Ora i bresciani fanno da ancella, però.

Limitarsi ad una partnership? Guardare verso gli emiliani di Hera? Provare a fare qualcosa di più piccolo, guardando alle multiutility del Trentino-Alto Adige? 

Ecco: l’unica certezza che rimane in questa delicata fase di studi e trattative è che il tempo dello zitellaggio per Agsm sta per finire. 

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