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Sui terreni dove crescono ortaggi e relazioni positive

di MARTA BICEGO

San Massimo: con "Gli orti di san Giuseppe" le persone in difficoltà rifioriscono

Parole chiave: Solidarietà (68), Natura (9)
Sui terreni dove crescono ortaggi e relazioni positive

di MARTA BICEGO

Pan di zucchero, broccoli, cavoli, cavolfiori... In questa stagione crescono rigogliosi, quasi all’ombra del campanile della chiesa di San Massimo. A coltivarli sono persone svantaggiate che, tra le zolle mosse dal desiderio di una vita migliore, hanno scoperto di poter avere un’altra possibilità per rialzarsi dopo un inciampo che ne ha interrotto il cammino. A partire dalla terra, in un’area di circa un ettaro data in concessione dal Comune di Verona, dove l’associazione Gli orti di san Giuseppe ha seminato il progetto sperimentale di agricoltura sociale “R.accolti” che sta permettendo di raccogliere buoni frutti, ottimi ortaggi e relazioni.
È una mattina di sole e di normale attività al civico 8 di via Brigata Aosta: nella serra bisogna spostare le piantine di fragole che per quest’anno hanno smesso la produzione; nell’appezzamento accanto, zappa alla mano, c’è da preparare il terreno per le prossime colture. Attorno è un andirivieni di carriole che trasportano verdure freschissime: dal campo arrivano, in una manciata di secondi, alla casetta di legno adibita a punto vendita, in cui i volontari accolgono la clientela, suggerendo come cucinare le prelibatezze appena colte. In un primo momento il seme dell’agricoltura sociale doveva essere interrato altrove, descrive Adriano Merlini, agronomo e presidente dell’associazione germogliata nel 2005. «All’epoca mi occupavo della Ronda della carità e a corte Marini preparavamo i pasti per i senza fissa dimora. Visto che lì c’era un terreno agricolo dismesso di proprietà comunale pensammo di dedicarlo all’orticoltura, per dare da lavorare ai ragazzi che accoglievamo», spiega. Idea rimasta sulla carta, sebbene il progetto fosse pronto. Nel frattempo, prosegue, «per quattro anni abbiamo coltivato zafferano in Ruanda, tramite un missionario comboniano».
A novembre 2015, individuata nel cuore di San Massimo l’area coltivabile adatta, il progetto è stato recuperato. «Ci siamo impegnati fino a quasi tutto l’anno successivo per dissodare, arare, fresare il terreno rendendolo idoneo alla coltivazione», prosegue. Così alla zona orticola si è affiancato un piccolo frutteto con melograni e alberi di ciliegie, prugne, mele, cachi, cotogne e fichi; si sono aggiunti cinque filari di uva bianca, nera, rosata; poi sono spuntate due serre. Ed è stato creato il punto vendita, aperto dal lunedì al venerdì (dalle 8 alle 12), i cui ricavi sono reinvestiti interamente nell’iniziativa. A dar valore al progetto è la sua finalità, portata avanti mantenendo il contatto con servizi sociali, Ulss 9 Scaligera, Ufficio dell’esecuzione penale esterna. «Accogliamo persone di diverse provenienze e problematiche. C’è chi ha un passato segnato dalle dipendenze, chi dev’essere inserito in un percorso lavorativo, chi deve superare un periodo di prova», descrive.
Negli orti, a turni, si avvicendano 28 persone: si occupano di semina, preparazione del terreno, raccolta, mantenimento dell’area, sistemazione dei recinti. Le cose da fare non mancano, in ogni stagione. Ma c’è di più. «Produciamo verdure – precisa –, ma ci occupiamo di quanti a contatto con la terra riescono a migliorare le proprie condizioni di vita, in molti casi tragiche. Hanno perso occupazione, famiglia, amici per i loro comportamenti sbagliati e da noi hanno una seconda possibilità». La terra, spiega, «è maestra di vita. Costringe a impegnarsi con ogni avversità atmosferica, mette alla prova con la fatica, ma insegna che se dai… ricevi sempre in cambio qualcosa». È fondamentale per chi ha perso la speranza. «Da noi le persone riscoprono cosa significa fare gruppo, collaborare, confrontarsi. E funziona: le vediamo rifiorire», dice il presidente dell’associazione, che di recente si è fregiata del marchio “Merita Fiducia”. Risultati che arricchiscono i volontari, perlopiù giovani pensionati: «Ne servirebbero altri. Perciò cerchiamo “umanicoltori”», lancia un appello Merlini, anticipando lo slogan con cui aderiranno alla campagna del Csv per reclutare aspiranti contadini solidali. «Vorremmo tenere aperto il punto vendita di sabato – conclude – e agganciarci al progetto “S.t.e.p.s.” della Circoscrizione per aiutare gli anziani a vincere la solitudine». Semi gettati nel terreno che daranno, presto, altri frutti. 

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