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«Ora risolleviamoci o sarà settembre nero Il virus ha cambiato lavoro e mentalità»

Massimo Castellani (segretario scaligero della Cisl): è stato uno tsunami che ha svelato tanta solidarietà ma anche lasciato vari strascichi negativi

Il segretario della Cisl veronese Massimo Castellani

«E poi, quando a fine agosto finirà il periodo di non licenziabilità e poi scadrà la cassa integrazione per milioni di lavoratori?».
Il segretario generale della Cisl scaligera, Massimo Castellani, guarda al post Coronavirus (dato per inteso che non dobbiamo ricadere in una pandemia come quella che stiamo mettendoci alle spalle) e segue con attenzione e apprensione questi primi giorni di apertura generalizzata delle attività economiche. Non tutte, «perché turismo e servizi collegati sono ancora alla fase zero, e il commercio si sta riprendendo lentamente. La situazione è veramente a macchia di leopardo».
– Esaminiamola.
«C’è un mondo economico sostanzialmente diviso in quattro: quei lavoratori della sanità, dell’assistenza, della sicurezza che in questi mesi hanno fatto letteralmente i salti mortali; i lavoratori dell’agroalimentare e della grande distribuzione che hanno lavorato in condizioni particolari; la manifattura e l’edilizia sostanzialmente ferme; infine quelli che chiamo i disperati».
– Cioè?
«Chi non aveva un contratto di lavoro a tempo indeterminato, la cassa integrazione, le partite Iva che non hanno fatturato un euro per mesi, chi lavorava saltuariamente o in nero: insomma chi non aveva alcuna rete di protezione stesa sotto. È un tema che non possiamo più eludere, ci sono situazioni di lavoro quasi ottocentesche».
– E ora il peggio sembra alle spalle?
«Non vuol dire che il meglio sia davanti a noi, purtroppo. Annuso aria di grande preoccupazione, soprattutto tra chi lavora nei settori del commercio e del turismo. È il terziario il più colpito dal fatto che i soldi non girino, la grande manifattura per ora è ripartita, ma Verona in questo senso è particolarmente esposta: turismo, fiere, aeroporto, ristorazione, lirica...».
– Si parla però di enormi stanziamenti pubblici, di centinaia di miliardi di euro in soccorso...
«Vedremo quante saranno, le centinaia di miliardi. Quel che c’è di sicuro, tapperà la falla prodotta da tre mesi di fermo. Ma: o c’è una ripresa economica immediata e abbastanza robusta, o a breve vedremo i lividi della botta presa con il lockdown. E per breve intendo la fine dell’estate. È una situazione che sta facendo la fortuna di alcuni e la malasorte di molti, la forbice si sta ancor più divaricando».
– Cosa consiglia da sindacalista ai politici?
«Anzitutto capire – finalmente – l’importanza di una buona formazione per tutti. La pandemia ha messo fuori gioco in un secondo quei lavoratori che non avevano dimestichezza con l’informatica, tanto per dirne una. Capire che la digitalizzazione è il futuro dell’economia, e regolarsi di conseguenza. E che il mondo del lavoro sta cambiando, è cambiato repentinamente, cambierà ancora. Questo è un discorso che va rivolto anche al sindacato: lo smart working è esploso, ma mancano regole sulla produttività, sui tempi, sui contratti e gli accessori, sulle retribuzioni, sui carichi di famiglia».
– Diciamo che per il sindacato si apre una nuova stagione, dopo un certo periodo di appannamento.
«Beh, gli italiani hanno anzitutto capito l’importanza delle istituzioni, dei fondamenti su cui si regge la nostra Repubblica. Se la sanità non funzionava, se lo Stato non avesse risposto, se l’Unione Europea non ci stesse al fianco... Ed eravamo immersi una cultura ventennale di individualismo anche nel lavoro: ognuno si arrangi. Ora si capisce che ti salvi se stai assieme a tutti gli altri. Che la salute è un valore fondamentale e collettivo. Spetterà anche a noi sindacalisti avere un ruolo più attivo nei confronti dei lavoratori, di tutti i lavoratori: quando tutto va bene, c’è la tentazione di andare per la propria strada. Ma se le cose vanno male, ecco che si riscopre la solidarietà, la voglia di fare gruppo, di sostenersi a vicenda».
– Cosa l’ha più stupita?
«In negativo, la scomparsa di una generazione, i nostri anziani. In positivo, il cambiamento di mentalità che faticavamo prima a promuovere. Si pensi all’importanza della salute nei luoghi di lavoro: è vita o morte, non sono scartoffie o perdite di tempo».
– Quindi?
«Rimbocchiamoci le maniche soprattutto in questi tre mesi. Perché le “terapie” somministrate cesseranno e poi o riprenderemo a camminare come prima, meglio di prima, o molti rischieranno di cadere. Danneggiando tutti».
Nicola Salvagnin

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