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La politica non è cosa da millennial

La maggioranza dei giovani non sente attrattiva la politica. Impegno e partecipazione alla cosa pubblica non si improvvisano, ma ci sono esempi incoraggianti che vanno controcorrente

Parole chiave: Politica (43), Giovani (99)
Disegno con una grande urna elettorale e attorno figure di persone che si volgono altrove

La politica chiama pochi giovani rispondono
Sempre più lontani da impegno politico e urne. Anche se...

Giovani e politica: due mondi lontani, le cui orbite non sembrano avvicinarsi. Una tendenza che ha tratti davvero curiosi: nella società in cui le opinioni e i pensieri più frivoli sono condivisi col mondo, offerti al pubblico con post e cinguettii, esercita sempre meno appeal esprimere il proprio pensiero in una cabina elettorale o discutere di faccende inerenti la cosa pubblica.
Se da un lato, grazie alla tecnologia, ai social network – si pensi a Facebook e Twitter su tutti – le nuove generazioni hanno visto moltiplicarsi le opportunità di informarsi, esprimere il proprio pensiero, criticare, proporre, partecipare, dall’altro hanno sviluppato una dilagante disaffezione nei confronti di tutte quelle questioni che riguardano l’amministrazione di territori o enti pubblici o il governo del Paese. Una predisposizione che si riflette ovviamente sul numero di giovani che sono disposti a esporsi in prima persona, a metterci la faccia oltre che il tempo e l’impegno, per fare politica in maniera attiva.
Il tema è stato affrontato recentemente dal Comune di Castel d’Azzano in un’assemblea organizzata dai due consiglieri con delega alle Politiche giovanili, Erica Dolci e Michele Giarola. Alla serata hanno preso parte alcuni giovani amministratori e attivisti veronesi, che hanno raccontato alla platea, composta perlopiù da coetanei, la loro esperienza tra consigli comunali e attività istituzionali. Una bella testimonianza di impegno e senso civico che, tuttavia, ha certificato il numero esiguo di under 25 – ma potremmo dire anche di under 30 – attualmente presenti nell’aringo politico.
Non si tratta di odio o avversione per il mondo politico, quella dei millennial (definizione data ai nati negli anni Ottanta e Novanta), è semplicemente indifferenza: non c’è disgusto, né indignazione – se non per alcuni tratti dei processi decisionali romani e nazionali, percepiti come elitari e avulsi dalla realtà –, il sentimento dominante è il disinteresse, una totale apatia. «Non ne so nulla», «Non seguo», «Non me ne intendo» sono le risposte più frequenti alle domande di natura politica. All’origine di questo scollamento si possono porre cause educative e culturali; di certo padri e madri di questi giovani non spiccano per attivismo e partecipazione, e i dati di affluenza alle urne ne sono una prova costante. Ma se loro, la generazione precedente, sono cresciuti da bambini riconoscendosi in una ideologia, in una bandiera, così non è per i millennial; in sostanza, fino a due o tre decenni fa ogni famiglia aveva un partito di riferimento che era un tratto distintivo per i figli e verso l’esterno. Nei paesi e nelle città provinciali come Verona era noto a tutti in quali case si votasse comunista, in quali socialista, in quali democristiano. Era una caratterizzazione forte, andata scemando negli anni Ottanta e Novanta.  
Un ulteriore contributo, poi, lo hanno portato l’odierna società dei consumi e l’individualismo, che hanno messo a dura prova non solo il concetto di bene comune, ma pure quello di comunità. L’ha spiegato apertamente il sociologo Franco Garelli in un articolo apparso nei mesi scorsi su La voce e il tempo, il settimanale dell’arcidiocesi di Torino, in cui i giovani vengono descritti “più come dei fruitori di servizi e di risorse che come dei soggetti propensi a lasciare un segno della propria presenza”. Se l’affermazione è esclusivamente individuale, la realizzazione è ricercata in maniera autonoma ai margini o tra le pieghe della società, perché mai occorrerebbe dedicare tempo ed energie allo sviluppo della cosa pubblica? Al contrario, beni e servizi pubblici non sono altro che strumenti e opportunità di cui servirsi solo (e fino a quando) sono utili a raggiungere i propri traguardi personali. La logica, nonostante il cinismo di fondo, non fa una grinza.
Ma non si faccia di tutta l’erba un fascio. Anche a Verona c’è chi va controcorrente: una minoranza tutt’altro che silenziosa che in gioco si è già messa. Ne abbiamo incontrato qualche rappresentante, per farci raccontare esperienze e impressioni e per evidenziare le difficoltà di chi muove i primi passi nella politica di casa nostra.
Andrea Accordini

«La passione me l’ha trasmessa mio padre»
Zumerle: universitaria e portavoce dei diritti

Non solo consigliere di maggioranza del Comune di San Martino Buon Albergo, Elena Lucia Zumerle è anche presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Verona.
Classe 1996, la studentessa di Giurisprudenza è un vero fiume in piena quando si parla di politica e partecipazione giovanile. Il tema è stato affrontato pure nel discorso che ha pronunciato all’inaugurazione dell’anno accademico, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La responsabilità di una distanza tra politica e giovani risiede, secondo Zumerle, nel sistema scolastico italiano: «La nostra scuola è di tipo nozionistico – osserva –: impartisce insegnamenti, ma non stimola un pensiero critico. All’estero invidiano la nostra preparazione teorica, eppure non siamo educati a ragionare in funzione del bene comune». La soluzione proposta parte proprio dalle aule scolastiche: «Io introdurrei tre o quattro ore alla settimana di educazione civica, attraverso le quali trasmettere un sentimento di appartenenza alla comunità. Banalizzando, dobbiamo far capire ai bambini che la cartina che butto per la strada la sto buttando su un territorio che è anche mio. In Giappone, ad esempio, finite le lezioni gli alunni puliscono le aule scolastiche; imparano così a rispettare un ambiente che è loro proprio perché è pubblico».
Il cambio di prospettiva che propone è abbastanza radicale in un’Italia segnata dalla logica dell’assistenzialismo: «Dovremmo abituarci a chiederci non cosa lo Stato può fare per me, ma cosa io posso fare per lo Stato».
Alla base di tutto, comunque, sta l’assenza di una cultura della cosa pubblica, testimoniata ad esempio all’interno dell’università dall’ignoranza degli stessi organi di rappresentanza degli studenti e delle loro funzioni. In quando all’origine della sua passione per la politica, Zumerle attribuisce un ruolo chiave alla famiglia: «In casa si parlava e si discuteva spesso di temi d’attualità; mio padre è stato assessore e candidato sindaco, oltre che l’ultimo segretario amministrativo della Dc veronese. Così anch’io sono sempre stata incentivata a interessarmi di ciò che mi stava attorno». Nel futuro, però, la priorità va alla professione giuridica. «Mi piacerebbe proseguire con l’attività politica, ma prima è necessario ottenere una stabilità lavorativa, per non dipendere economicamente solo da un incarico politico, il cui mantenimento potrebbe andare a scapito dell’interesse del cittadino». [A. Acc.]

«L’esperienza negli scout mi ha portato Consiglio»
Cappellaro: la politica serve a fare del bene

L’impegno di Laura Cappellaro, consigliere con delega alle Politiche giovanili del Comune di Palù, nasce dagli anni trascorsi negli scout. La scorsa settimana, la richiesta di testimoniare la propria esperienza amministrativa a Bovolone a un gruppo di ragazzi prossimi alla “Partenza” (traguardo che conclude il cammino educativo all’interno dello scoutismo), è stata l’occasione per ripercorrere i suoi esordi nel 2014. Allora, durante la Route nazionale, era stata tra gli autori della “Carta del coraggio”: un documento, poi consegnato al Papa e al presidente del Consiglio, con impegni, doveri e richieste di futuri cittadini.
«Ho lasciato ai ragazzi alcune parole chiave per fare politica – racconta la giovane studentessa –. Sono: coraggio, fatica, quotidianità, perseveranza. E fallimento, perché un buon amministratore deve saper ammettere uno sbaglio davanti ai suoi cittadini anziché nasconderlo causando danni ulteriori».
Eletta nel 2015 appena ventunenne, Cappellaro traccia un primo bilancio della sua esperienza: la partenza con grandi ideali, il confronto con la realtà, il lavoro, i risultati. «Ricordo la campagna elettorale, stimolante e allo stesso tempo rivelatrice della ferocia di questo ambiente. Il primo anno non è stato semplice, con vecchi amici che non mi salutavano perché ero in un diverso schieramento. Ma anche la fatica di accettare opinioni diverse, il compromesso, la burocrazia di cui non avevo idea». Le soddisfazioni arrivano con calma: su tutti “Giovani intese”, il protocollo d’intesa siglato con quattro Comuni limitrofi sulle politiche giovanili. «Sono sempre più convinta che sia necessario cambiare prospettiva davanti alle offese e alle provocazioni, senza rispondere, continuando a lavorare per il bene comune e a far parlare i fatti».
Sulla distanza che separa giovani e politica le idee sono molto chiare: «La politica è lontana. È importante tornare all’origine, a considerarla un fare del bene per la cosa pubblica. È necessario iniziare a educare alla cittadinanza, a una cittadinanza attiva. Come giovani, dal canto nostro, dobbiamo portare alla politica la nostra freschezza e la nostra spontaneità, andando oltre gli schemi e i ruoli precostituiti». [A. Acc.]

Borgo Libero, la lista civica tenuta insieme dall’amicizia
Il gruppo, nato a Villafranca, è composto solo da under 28

A Villafranca l’esempio più recente e più concreto di impegno politico giovanile è quello di Borgo Libero, la lista civica nata la scorsa primavera per partecipare alle elezioni amministrative.
Il gruppo, composto esclusivamente da giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni, è riuscito nell’impresa di ottenere un seggio all’interno del Consiglio, attualmente occupato da Andrea Cordioli, l’allora candidato sindaco. Il venticinquenne della frazione di Rosegaferro oggi rappresenta Borgo Libero dai banchi della minoranza, mantenendo la propria autonomia rispetto agli altri gruppi consiliari. Un compito che, per sua stessa ammissione, risulta tutt’altro che agevole per chi si trova alla prima esperienza con mozioni, delibere, determine e bilanci.
«Occorre un maggior coinvolgimento dei giovani, che la politica classica non riesce più a dare», osserva Cordioli. A essere sbagliato è il metodo: «In Consiglio si passano ore e ore a discutere inutilmente, sembra un teatrino, con le sue procedure fisse. È sconfortante». Ad acuire la distanza sono pure la scarsa conoscenza della macchina organizzativa e la repulsione causata in larga parte dalla storia politica italiana.
«L’idea di Borgo Libero è partita da un piccolo gruppo di amici con cui ci trovavamo il sabato pomeriggio per discutere e informarci; in prossimità delle elezioni comunali i candidati tardavano a uscire allo scoperto e nessuno era interessato a un confronto sulle nostre idee, così abbiamo deciso di proseguire da soli, ampliando la nostra cerchia e raccogliendo alcuni volontari anche da fuori Villafranca».
Oltre all’attività consiliare, Borgo Libero sta portando avanti la propria azione organizzando serate informative e di confronto: una modalità per far fronte alla carenza di occasioni e spazi di pubblico dibattito. «In molti si sono avvicinati a noi perché non siamo legati ad un partito, ad un simbolo, che oggi crea nelle persone repulsione», conclude Cordioli.
I prossimi incontri, che saranno comunicati attraverso la pagina Facebook del gruppo, saranno in preparazione alle elezioni europee. [A. Acc.]

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