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Germogliano le relazioni nel nuovo Centro di ascolto

di FRANCESCO OLIBONI
È stato inaugurato da Caritas a Montorio per intercettare bisogni e solitudini

 

Germogliano le relazioni nel nuovo Centro di ascolto

di FRANCESCO OLIBONI
Nuovo Centro di ascolto per Caritas Verona. Stavolta è stato inaugurato a Montorio, dove da sei anni è parroco don Simone Bartolini, della diocesi di Reggio Emilia – Guastalla, a Verona come comunità sacerdotale Familiaris consortio, insieme ad altri confratelli sempre della diocesi emiliana.
Abbiamo incontrato lo stesso don Simone per parlare del carisma che accompagna la sua comunità e la scelta come unità pastorale (Montorio, Mizzole, Pigozzo e Trezzolano) di dedicarsi al mondo della carità attraverso appunto il progetto del Centro di ascolto. «La comunità sacerdotale Familiaris consortio è una realtà nuova, nata a Reggio Emilia, e un aspetto centrale della nostra spiritualità è quello di vivere in comunità, vivere in pieno l’amicizia nel Signore. Per noi al centro c’è l’essere comunità come testimonianza del Vangelo, come presenza di Cristo. Negli anni ho cambiato alcune parrocchie come vice-parroco e poi, su richiesta del Vescovo di Verona, che ha conosciuto la nostra realtà, c’è stato chiesto di essere presenti qui e, ottenuto il consenso del vescovo di Reggio Emilia, siamo arrivati come comunità sacerdotale».
– Una comunità, la vostra, sempre a contatto con le persone...
«La nostra spiritualità è inserita nella realtà concreta della vita delle parrocchie, a contatto con i giovani, con le famiglie, con tante situazioni diverse e l’esperienza che stiamo vivendo qui a Verona per noi è molto significativa. Ringraziamo il Signore per tante cose belle che ci sta facendo vivere e vediamo come ci chiama a portare in concreto il nostro essere comunità, il nostro vivere con attenzione nei confronti dei giovani e delle famiglie richiamando proprio con la nostra vita l’importanza delle relazioni, del vivere in comunione la fede e la carità».
– La carità, appunto. Da dove nasce l’idea del Centro di ascolto?
«Come sacerdoti siamo convinti che la comunità cristiana debba vivere la dimensione dell’aiuto a chi è nel bisogno, perché come battezzati tutti siamo chiamati a donare la nostra vita al prossimo: è un’attenzione e una cura che riguarda tutta la comunità. Ovviamente poi ci siamo confrontati con il nostro territorio, e dopo due anni di pandemia abbiamo colto tante solitudini e tante povertà nelle persone, che non sono solo quelle materiali. Ci siamo domandati come cristiani che cosa potessimo portare, che cosa possiamo fare dentro alla realtà che adesso stiamo vivendo, dentro la nostra storia. E poi, davanti alla nostra proposta, abbiamo ricevuto una risposta positiva da parte di tante persone che, appunto, desiderano mettersi in gioco in questo cammino». 
– E così siete partiti...
«Esatto, abbiamo iniziato quest’anno il percorso e fin da subito ci sono state diverse persone che si sono lasciate coinvolgere da questo progetto. Sono stati organizzati tre incontri di formazione, grazie a Caritas diocesana. Vi hanno partecipato una trentina di persone di diverse età che si sono lasciate coinvolgere con entusiasmo. L’idea è proprio quella di dire che c’è una comunità che si mette in ascolto e vuole vivere la carità nei confronti del più povero. Un Centro di ascolto può dare alla comunità un senso profondo dell’essere cristiani, farsi prossimi a chi è nel bisogno: è una possibilità concreta di vivere l’ascolto come uno spazio di relazione, di incontro con l’altro in cui esiste una dinamica dove ciascuno dona e riceve. Non è semplicemente una comunità che aiuta chi è più povero, ma è anche una comunità che si lascia interrogare».
– Quanto possono crescere le vostre comunità parrocchiali con questa iniziativa?
«Penso che un Centro d’ascolto possa dare alle comunità la consapevolezza del dono importante della relazione. Nel tempo in cui stiamo vivendo, ci accorgiamo che c’è una grande povertà di relazioni, ma anche di comunione, cose che poi si concretizzano nelle svariate forme di solitudine. Noi come cristiani abbiamo un tesoro grande da portare, che è quello di poter dire che non siamo soli: noi possiamo aiutare vivendo in comunità. Quindi l’idea è che un Centro di ascolto possa tenere viva questa consapevolezza nella comunità e che tutti noi siamo portatori di un dono grande per gli altri. Allo stesso tempo offre alla comunità la possibilità di poter accogliere chi vive certe povertà, certi bisogni, perché sappiamo che nel povero c’è proprio il Signore che ci parla, che è presente in lui».
– Un Centro fatto, quindi, di relazioni?
«L’idea che è passata, e che condivido pienamente, anche negli incontri di formazione, è quella che, come Centro di ascolto, non facciamo assistenzialismo, ma viviamo un incontro, costruiamo una relazione e iniziamo un cammino insieme. Penso che chi viene a chiedere aiuto possa trovare prima di tutto, prima dei soldi o di qualcosa di materiale, un cuore accogliente e qualcuno che si interessa e che si prende cura di qualcun altro. Si tratta di un camminare insieme, in cui si costruisce una relazione e si fanno emergere da chi chiede aiuto quelle potenzialità che magari sono solo nascoste». 
– Quali sono le motivazioni di fondo che spingono una parrocchia a dar vita ad un’iniziativa simile di carità?
«C’è una motivazione di vita di fede e di comunità. Il gruppo Caritas Centro di ascolto non si muove individualmente, ma cerca di vivere la comunione e punta a far sì che questa comunione sia carità che si vive nei confronti degli altri. Anche perché come comunità cristiana stiamo lavorando molto su questo, sul fatto che la fede la viviamo in una condivisione, un cammino concreto di comunione, di relazioni, di legami che si creano».
– Sono molti i bisogni del territorio?
«Fin da subito l’intento è stato quello di calare il progetto dentro alla realtà, leggendola e vedendo quali sono le povertà che sono presenti sul nostro territorio. Mettendoci ovviamente in ascolto del Signore. Ci sarà un’attenzione in particolare per le famiglie e poi leggeremo la realtà. A Montorio, per esempio, non c’è una grande presenza di immigrazione, ci sono alcune famiglie straniere e ci sono però anche tanti casi nascosti di famiglie che vivono situazioni di povertà e di sofferenza. Ci sono povertà che intercettano l’ambito giovanile e anche diverse solitudini che riguardano l’ambito degli anziani. Altro aspetto su cui ci soffermeremo è come far sì che il Centro di ascolto collabori e sia una realtà che interagisce con quelle già esistenti. Abbiamo un gruppo San Vincenzo qui in parrocchia, abbiamo il Centro aiuto vita e poi ci sono altre realtà sul territorio con cui è importante collaborare». 

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