Una giornata particolare
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Nessun riflettore sui teatri chiusi in attesa che riaprano a nuove storie

Gli effetti del Coronavirus si sono fatti sentire anche sul mondo dell’arte e dello spettacolo. Le trasmissioni radio e tv hanno aumentato l’audience, ma hanno dovuto modificare abitudini e palinsesti...

Parole chiave: Una giornata particolare (117), Luca Passarini (95), Coronavirus (96)

Gli effetti del Coronavirus si sono fatti sentire anche sul mondo dell’arte e dello spettacolo. Le trasmissioni radio e tv hanno aumentato l’audience, ma hanno dovuto modificare abitudini e palinsesti. Letteratura e poesia hanno avuto uno scatto di orgoglio soprattutto grazie a professori che – almeno per una volta – hanno consigliato agli studenti di leggere non per dovere ma per piacere. I musei si sono inventati nuove modalità, comprese le visite guidate a distanza per mezzo di computer, tablet, smartphone. Persino la musica ha provato questa soluzione, unendo in maniera inedita live e ascolto da casa. Per i film si è trattata dell’occasione di un altro passo in una direzione già intrapresa, che tiene conto meno della fruizione nelle sale cinematografiche e più dei supporti casalinghi. Nuove possibilità di esprimersi e proporsi per tutte le forme d’arte, tranne quella teatrale, dove il pubblico in sala non è un elemento facoltativo o passivo, ma determinante e totalmente protagonista. E così la Giornata mondiale del teatro, che viene celebrata ogni 27 marzo, segnerà per l’anno 2020 un’edizione del tutto inedita. Proposta per la prima volta nel 1962 dall’Istituto internazionale del teatro, desidera essere l’occasione per condividere tra artisti e spettatori una certa visione di quest’arte e per evidenziare il contributo per la comprensione e la pace tra i popoli. Al momento è rimasto solo sulla carta (ed on line) anche l’annuale “messaggio internazionale”, che ogni anno veniva letto a tutti gli spettatori del 27 marzo e questa volta affidato a Shahid Nadeem, sceneggiatore e regista pakistano, oltre che giornalista e attivista per i diritti umani. Un ulteriore modo per sottolineare come il teatro sia un’arte non tanto di invenzione, ma di narrazione, per cui i teatranti non sono “colpevoli” di falsità e finzione, ma sono spesso coloro che smascherano e fanno verità. E così, dopo che per millenni il teatro si è preso la briga di essere lui a mettere in scena le abitudini umane, a denunciare i soprusi dei potenti, a osannare le glorie degli eroi, ora con il sipario chiuso le cose si sono rovesciare: l’attenzione è andata su ciascuno di noi, protagonista sul palcoscenico della storia. E così i teatri chiusi hanno denunciato tanti comportamenti (consapevoli o meno) di egoismo, indifferenza, arroganza, menefreghismo, imprudenza, con personaggi – o “personaggetti” come direbbe il presidente campano De Luca nell’imitazione di Crozza – tanto insicuri da non voler abbandonare le abitudini sociali, economiche e sportive. Per fortuna tra tutte queste ombre, il palco è stato rischiarato da tanti protagonisti che hanno brillato in scene di luce ovvero con atti di cura, attenzione, fiducia, rispetto. Speriamo che quando i sipari si riapriranno, il palcoscenico della storia veda emergere sempre più persone che – come augurava Giovanni Paolo II, a sua volta attore e sceneggiatore per il teatro – sappiano deporre le maschere di falsità ed essere sentinelle di una nuova alba.

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