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La rabbia, morbo deleterio contro il quale si possono neutralizzare gli effetti

In un periodo di grande fermento sui vaccini, la 14ª Giornata mondiale contro la rabbia (28 settembre) è occasione buona per fare un po’ di storia...

La rabbia, morbo deleterio contro il quale si possono neutralizzare gli effetti

In un periodo di grande fermento sui vaccini, la 14ª Giornata mondiale contro la rabbia (28 settembre) è occasione buona per fare un po’ di storia. Era il dicembre 1885, quando in Alsazia Joseph Meister, 9 anni, fu morso da un cane infetto da rabbia che gli procurò 14 ferite. La madre, consapevole della letalità del virus se raggiunge – dopo una iniziale “fase di eclissi” – il sistema nervoso centrale, lo portò in fretta dall’ormai anziano Louis Pasteur, che aveva già dimostrato (sugli animali ma non ancora sugli umani) come il materiale biologico infetto può immunizzare i sani. La donna voleva che a tutti i costi testasse la cosa pure sul figlio, ma Pasteur aveva paura che un fallimento di questo tipo avrebbe mandato all’aria tutte le sue ricerche. Anche il piccolo non ne voleva proprio sapere almeno finché non vide gli effetti della rabbia sui cani: comportamenti aggressivi e iperattività, disorientamento e ottundimento. Chiamarono il medico Jean-Baptiste Jupille che praticò dei taglietti sul torace del ragazzo per iniettare – per dieci giorni consecutivi – il vaccino, ottenuto dal trattamento di midollo di coniglio infetto. Joseph Meister fu il primo guarito di centinaia di persone trattate dopo essere state morse da animali rabbiosi e divenne successivamente un collaboratore di Pasteur. Da quella prima occasione sono stati fatti ulteriori passi da gigante nel campo della vaccinazione. Molto rimane da fare, invece, riguardo la rabbia. L’Organizzazione mondiale di sanità (Oms) afferma che ogni anno muoiono per questo motivo quasi 60mila persone, soprattutto in Asia e Africa dove si conta il 95% dei casi, ma risulta ampiamente diffusa in tutto il mondo. L’ultimo caso di infezione su umano nel territorio italiano risale al 1968, ma periodicamente si contano persone che contraggono la malattia all’estero e rientrano senza aver potuto ricevere un efficace trattamento post-esposizione, con il rischio che avanzi verso paralisi o convulsioni fino alla morte, in genere per insufficienza respiratoria. Occorre comunque grande vigilanza sugli animali (soprattutto cani e volpi), dove si segnalano casi singoli e grandi epidemie, come quella che ha colpito il Nord-est italiano dall’autunno 2008 al febbraio 2011. Miglior rimedio rimane ancora la vaccinazione, che è pretesa per i cani che vengono portati nei viaggi all’estero e che in caso di allarme viene realizzata sui selvatici di un territorio, tramite esche vaccinali. Gli organizzatori della Giornata mondiale contro la rabbia – che vorrebbero l’eliminazione della mortalità entro il 2030 – ricordano anche l’importanza della profilassi post-esposizione: tutto si può risolvere attraverso un accurato lavaggio con acqua e sapone per 15 minuti, una disinfezione con un comune disinfettante, una visita specialistica. A dimostrazione che il virus della rabbia – come il parallelo stato psichico-affettivo – arriva in modo imprevisto e improvviso, ma si può sempre scegliere di bloccarne gli effetti prima che siano deleteri.

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