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Un’esistenza costruita sul cammino del perdono

Gemma Calabresi Milite
La crepa e la luce
Mondadori - Milano 2021
pp. 136 - Euro 17,50

Parole chiave: La crepa e la luce (1), Adriana Vallisari (1), Libro (63)
Un’esistenza costruita sul cammino del perdono

Immaginate di avere 25 anni, due figli piccoli e uno in grembo. Dopo mesi di minacce, ammazzano vostro marito poliziotto sotto casa, alle spalle. Come reagireste? Forse dire un’Ave Maria per la famiglia degli assassini non sarebbe il vostro primo pensiero. L’ha invece recitata col suo parroco del tempo, Gemma Capra, vedova del commissario Luigi Calabresi, ucciso da un commando di Lotta Continua a Milano, il 17 maggio 1972, all’inizio degli Anni di piombo. Gemma è una donna che ha costruito la sua vita sul cammino del perdono. Un dono che non è arrivato in automatico: scegliere di perdonare anziché odiare è più difficile, è una strada che richiede anni di elaborazione e fatiche. Per un periodo, molto umanamente, quella giovane vedova cullò pensieri di vendetta: lo ammette lei stessa, per la prima volta, nelle pagine del suo libro autobiografico La crepa e la luce (Mondadori). C’è stata però una forza che, a partire da quel giorno nefasto, l’ha tenuta a galla e le ha fatto sentire che ce l’avrebbe fatta, nonostante la devastazione. Quel 17 maggio, crollata sul divano, mentre guardava con occhi nuovi la sua casa investita dal dolore, avvertì un improvviso senso di pace: per lei, un chiaro segno della presenza di Dio. Fu in quel preciso momento che chiese al suo parroco di dire una preghiera per la famiglia dell’assassino, “perché avrà un dolore più grande del mio”. La fede ha alimentato in lei la speranza di ricominciare a vivere, nonostante la perdita dell’amatissimo marito e padre dei suoi figli; soprattutto, le ha permesso di dare un senso al dolore, accantonando il rancore, persino quando l’interminabile processo e le feroci campagne di stampa facevano riaffiorare tutto d’un colpo. “Quando mi sono sentita di nuovo sola e smarrita, mi sono ricordata che Dio era venuto da me”, scrive. Una concreta speranza che ha trasmesso ai quattro figli: Mario (giornalista), Paolo, Luigi e Uber (avuto dall’unione in seconde nozze con Tonino Milite, scomparso nel 2015). Gemma ha raccontato più volte la strada del perdono in incontri pubblici, nelle parrocchie e nelle scuole, luoghi a lei cari, visto che è stata per anni insegnante di religione. Solo ora, però, ha accettato di fissarla per iscritto in una pubblicazione. “Si può credere negli esseri umani anche dopo averne conosciuto la meschinità – annota –. Si può trovare la forza di cambiare prospettiva, allargare il cuore, sospendere il giudizio. Ho 75 anni, non so quanto ancora durerà questo mio viaggio qui. Scrivo questo libro per lasciare una testimonianza di fede e fiducia. Per raccontare l’esperienza più significativa che mi sia capitata nella vita, quella che le ha dato un senso vero e profondo: perdonare”.

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