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Quei Patti conciliarono Stato e Chiesa

Giancarlo Mazzuca
Quei Patti benedetti. Cosa resta oggi dei Patti Lateranensi tra Mussolini e Pio XI
Mondadori - Milano 2019
pp. 192 - euro 19

Parole chiave: Giancarlo Mazzucca (1), Patti Lateranensi (1), Mussolini (1), Pio XI (2), In libreria (40)
Quei Patti conciliarono Stato e Chiesa

Furono davvero “benedetti” i Patti Lateranensi sottoscritti dalla Santa Sede e dal Regno d’Italia l’11 febbraio di 90 anni or sono. Diciotto lustri, un periodo abbastanza lungo che permette a Giancarlo Mazzuca, già direttore del Resto del Carlino di valutarne a freddo la giusta portata in Quei Patti benedetti. Cosa resta oggi dei Patti Lateranensi tra Mussolini e Pio XI, edito agli inizi di questo 2019 per i tipi della Mondadori.
Impreziosito da una postfazione del cardinale Gianfranco Ravasi, il lavoro di Mazzuca fa capire come quegli accordi (rivisti nel 1984 con l’Accordo di Villa Madama e strutturati in tre parti: il Trattato vero e proprio, che istituiva la Città del Vaticano e stabiliva l’extraterritorialità delle basiliche di San Pietro e di San Giovanni in Laterano; il Concordato, che regolava i rapporti tra la Santa Sede e l’Italia; la Convenzione finanziaria, che fissava un indennizzo a favore della Chiesa in seguito alla rinuncia a qualsiasi rivendicazione sul vecchio Stato Pontificio) vadano al di là della congiuntura storica in cui sono spesso confinati, ripercorrendo tutte le connessioni che li resero possibili.
Il loro autentico significato fu dato dall’allora cardinale Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, il quale, nel 1962, si spinse a «ringraziare la Divina Provvidenza» per aver sollevato la Chiesa dal potere temporale, con la presa di Porta Pia del 20 settembre 1870, facendola concentrare solo sulle sue prerogative spirituali, senza però farla chiudere in se stessa, ma rilanciandola ancora di più nella sua leadership socio-culturale.
Il ritorno della Chiesa sul palcoscenico della storia quotidiana dopo la chiusura nel Non Expedit, fu il vero effetto dei Patti Lateranensi. Qualcosa di provvidenziale ci fu nello smarcare la Chiesa dagli steccati e dalle barricate ottocentesche, consegnandola al Pastor Angelicus, papa Pio XII, pronta per affrontare la tragedia del secondo conflitto mondiale e poi aprirsi definitivamente con la rivoluzione del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Patti benedetti ma non da tutti, visto che un Benedetto di nome, il senatore Croce, in Parlamento, il 27 maggio 1929, votò contro. In seguito spiegò che non combatteva l’idea della conciliazione tra Stato e Chiesa, condividendo il Trattato ma non il Concordato e l’Accordo finanziario. Da qui il richiamo alla frase attribuita ad Enrico IV di Borbone: Croce si schierava dalla parte della Messa e non di Parigi, perché la Messa riguarda la coscienza, Parigi la politica, e per Croce quest’ultima era sottomessa alla coscienza.
Comunque, Parigi o Croce, alla fine del volume Mazzuca si chiede cosa accadrà in futuro scrivendo: “Chi meglio di papa Francesco può rispondere a tale domanda?”.

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