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Per fare il lavoro ideale non è mai troppo tardi

Gian Maria Bianchi, Virginio Schiavetti
Volevo fare l’astronauta. Guida alla ricerca della vocazione lavorativa (e non)
Franco Angeli
pagg. 176 - 22 euro

Parole chiave: Volevo fare l'astronauta (1)
Per fare il lavoro ideale non è mai troppo tardi

Che cosa vuoi fare da grande? Tutti noi ci siamo sentiti rivolgere questa domanda, almeno una volta nella vita. Specie durante l’infanzia, quando i sogni di diventare pilota di Formula 1, medico, astronauta, scienziato sembravano senza tanta fatica a portata di mano. Qualcuno avrà inseguito quelle intuizioni e passioni fanciullesche, altri le avranno abbandonate, scoprendo solo per strada la propria via. Ma come si fa a capire qual è il mestiere adatto a sé? Come riconoscere la professione per cui si è tagliati, quella “vocazione” che ci fa amare il nostro lavoro?
Una guida niente affatto scontata è quella proposta da Gian Maria Bianchi e Virginio Schiavetti, che in Volevo fare l’astronauta spiegano come si può riconoscere il “richiamo del cuore” e dare piena espressione al proprio potenziale, superando i molti blocchi che spesso impediscono di assecondare la propria vocazione (pigrizia, sconforto, delusione, paure...).
La carrellata di interviste e testimonianze riportate nel libro raccontano come cercare di far fruttare i propri talenti non sia una questione da relegare alla gioventù: non è mai troppo tardi per realizzare pienamente se stessi. E se c’è chi scopre precocemente la propria vocazione, come l’astrofisico che già a 10 anni aveva le idee chiare e ha saputo cogliere i segnali vocazionali senza trascurarli o farsi confondere da modelli di successo standard, c’è chi ha abbandonato un lavoro insoddisfacente in giacca e cravatta per tornare a una grande passione, quella verso lo sport, sulla spinta di questo interrogativo: “se una persona non è contenta di come passa gran parte del suo tempo, perché non prova a fare dei cambiamenti?”.
Tuttavia apportare cambiamenti così sostanziali alla propria vita non è semplice, tanto più se si è condizionati dal riconoscimento sociale della propria vocazione. “Ma tu che lavoro fai?”, è la domanda che si sente rivolgere ogni giorno un artista che, nonostante tutto, continua ad ascoltare il richiamo del cuore.
Spesso però l’ostacolo alla realizzazione del nostro potenziale parte proprio da noi stessi: la paura di buttarsi e di realizzare i propri sogni ci trasforma in autosabotatori. Non sono la società o la famiglia i nostri sbarramenti più grandi, bensì le paure che ci impediscono di abbandonare ciò che consideriamo delle sicurezze, ma che in realtà sono semplici abitudini del nostro ego. Allora accade che rimandiamo di continuo la realizzazione del nostro talento, trincerandoci magari dietro interminabili esigenze di preparazione e perfezionamento.
Le strade per trovare la vocazione sono molteplici, spiegano gli autori. Riconoscere la propria voce interiore, senza lasciarla sopraffare da quelle della folla, e darle seguito con passione e dedizione è il segreto per scegliere la professione che corrisponde a ciascuno di noi. Un aspetto non trascurabile, dal momento che ci aspettano ben 30mila ore di lavoro nella vita e l’età pensionabile si sposta sempre più avanti nel tempo.
Parlare di felicità e di soddisfazione lavorativa, in un’epoca di crisi, sembra un lusso: eppure è in momenti di incertezza e di insoddisfazione che si può trovare la molla per dare retta ai propri desideri. Che cosa mi piacerebbe davvero fare? Quali sono i miei talenti e come posso farli fruttare?
Trovare la vocazione e realizzarla non è una questione da ragazzi, non ha orizzonti temporali. Per riuscire a seguirla non si può evitare la fatica: come diceva Thomas Edison, uno dei più grandi inventori della storia, “il genio è uno per cento ispirazione, novantanove per cento traspirazione”.

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