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Il tarlo dell’indifferenza che disumanizza

Liliana Segre
Il mare nero dell’indifferenza
(a cura di Giuseppe Civati)
People - Gallarate (VA)
pp. 156 - euro 12

Il tarlo dell’indifferenza che disumanizza

Nata a Milano il 10 settembre 1930, sopravvissuta ad Auschwitz (una dei 25 – su 776 – bambine e bambini di età inferiore ai quattordici anni), Liliana Segre il 19 gennaio 2018 è stata nominata dal Capo dello Stato senatrice a vita “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”. Questi altissimi meriti si comprendono leggendo Il mare nero dell’indifferenza, edito da People e curato da Pippo Civati. Si riportano, in undici capitoli, le sue dichiarazioni, i suoi interventi, le sue interviste, affinché non si cada in quell’indifferenza “che apre le porte al disumano e a chi corrompe la parole”. Nel testo si trova la parola tedesca Unbeteiligtheit, che il dizionario traduce con un termine forse anche più pesante rispetto ad indifferenza: disinteresse.
La mancanza di interesse porta a non distinguere tra finzione e realtà: la realtà di un mondo dove le disposizioni più disumane, dal trasporto ferroviario di civili e prigionieri di guerra all’eccidio meticoloso di migliaia di “diversi” (la ferocia nazista non si limitò solo agli ebrei, ma pure ai nomadi, alle popolazioni slave, ai disabili), vennero eseguite sulla base del semplice Befehl ist Befehl, un ordine è un ordine. Non tutti, per fortuna si adeguarono a questa sinistra tautologia, così come non tutti si disinteressarono di quel che accadeva agli altri, come gli studenti cristiani della Weiße Rose, attiva sino al febbraio del 1943 quando i capi del gruppo vennero arrestati e, dopo un processo farsa, condannati a morte per decapitazione.
Di questo gruppo le vicende non sono particolarmente conosciute, così come altri episodi della Storia, quella con la S maiuscola nei confronti della quale Segre nota un’altra pericolosa indifferenza. “Avevo già pensato, una volta arrivata in Senato, che avrei voluto chiedere al ministro dell’Istruzione che rimettesse nelle ultime classi dei licei lo studio del Novecento, con tutte le guerre, le pulizie etniche e gli stermini, da quello degli armeni a quello dei cambogiani”, ricorda nel libro. La Storia è un dovere morale che induce tutti, cittadini e istituzioni, a fare in modo che gli errori del passato non abbiano a ripetersi. Studiare la Storia è l’unico vaccino contro il disinteresse per quel che ci circonda e per quel che accade ora; è l’unico antidoto alla perdita della Memoria dell’Olocausto, della Shoah, dei lager, di quei numeri che, come quel 75190 ancora tatuato sul braccio di Liliana Segre, tendevano a trasformare esseri umani in oggetti, utili o meno (ed in questo caso da eliminare).
Il volume è completato da una scheda del Centro di documentazione ebraica contemporanea, dalla cronologia 1930/1945 della senatrice Segre, da due appendici, da una bibliografia essenziale e da un breve saggio di Silvia Antonelli. dal titolo emblematico: “Tra Storia e Memoria, per un’elaborazione del presente”.

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