Il fascino discreto di oggetti d’uso comune, passati di moda
Massimo Mantellini
Dieci splendidi oggetti morti
Einaudi - Torino 2020
pp. 152 – euro 12
A che servono oggi le cabine telefoniche? Nell’era del cellulare sempre in mano, il loro scopo è superato; infatti non se ne trovano più. C’è chi ha provato a dar loro una seconda vita, trasformandole. È il pensiero, ad esempio, che ha mosso il Comune di Sona: rinnovare un oggetto del passato perché sia utile ancora oggi. Qui le cabine rosse sono state risistemate e adattate a diventare delle piccole biblioteche per lo scambio di libri, opuscoli e riviste; al contempo, fungono da stazioni di ricarica della batteria dei telefonini e da isole per connettersi a internet con il wi-fi gratuito. “Vedi, qui dentro una volta c’era un massiccio telefono: s’inseriva un gettone da 200 lire, si componeva il numero e si aspettava che qualcuno dall’altra parte alzasse la cornetta”, si potrebbe raccontare ai giovanissimi che queste cose non le hanno mai sperimentate. Sembra preistoria, invece sono passati vent’anni o poco più.
Come dimenticare i giri di rotella del telefono fisso in bachelite? Quando coi telefoni si telefonava e basta, e i numeri importanti li sapevamo a memoria. “I telefoni fissi sono l’oggetto morto per eccellenza del nostro secolo. I nostri figli li osservano (...). Li guardano e non capiscono”, riassume nel suo ultimo libro Massimo Mantellini, uno dei massimi esperti dell’internet italiana. Queste pagine propongono una carrellata di bellissimi oggetti rimasti orfani. Raccontano un mondo che non c’è più, e quindi raccontano molto anche di noi, di come eravamo. Ve le ricordate le carte stradali Michelin? Avevano un fascino misterioso: lise, ma rassicuranti, difficili da ripiegare, stavano nel cassetto del cruscotto, custodi di una rotta certa. Sono sparite, soppiantate dai navigatori Gps.
Che dire, poi, delle lettere? La sorpresa della corrispondenza – salvo per le raccomandate indesiderate – è svanita: adesso ci sono le e-mail, istantanee e senza bisogno di francobolli. Addio attese e poesia (i romanzi epistolari sarebbero impensabili). Tra l’altro, scrivere a mano è un’azione a cui non siamo più abituati, ma digitare anziché usare la penna è un impoverimento per il nostro cervello, come dimostrano svariati studi scientifici. Nella società dell’immagine crollano le vendite delle macchine fotografiche (c’è il telefonino). Calano, ahinoi, quelle dei giornali cartacei (ci si “informa” sui social network). La musica si è smaterializzata, non si ascolta più sui dischi. Nel presente delle tecnologie senza fili siamo bombardati da notifiche che minano la nostra attenzione. E, conclude Mantellini, siamo sempre immersi in uno schermo, dimentichi di avere un cielo stellato sopra di noi.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento