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Il contributo degli immigrati all’economia italiana

Fondazione Leone Moressa (a cura di)
Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione
il Mulino – Bologna 2020
Pagg. 208 – Euro 20

Il contributo degli immigrati all’economia italiana

«La popolazione in età da lavoro diminuirà gradualmente nella prossima decade», disse Mario Draghi, all’epoca presidente della Bce, nel 2016, sottolineando come l’inclusione dei migranti avrebbe, se non proprio risolto, aiutato a contenere il calo demografico che da almeno cinque lustri affligge l’Italia (nel 2019, a fronte di 6,5 bambini ogni mille abitanti nati da coppie italiane, se ne sono registrati 12,6 da coppie di origine straniera). Senza contare, sempre nel 2019, i benefici per le casse dello Stato derivanti dalla presenza di 5,3 milioni di stranieri regolari, dei quali il 48% risulta occupato. Complessivamente, la ricchezza prodotta da chi ha scelto di vivere nel nostro Paese è stata di 147 miliardi di euro, pari al 9,5% del prodotto interno lordo, un tesoretto di cui fanno parte 26,6 miliardi di euro di entrate fiscali (13,9 miliardi sono i contributi previdenziali e sociali pagati degli stranieri).
Tutti questi numeri si trovano nel Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione. Dieci anni di economia dell’immigrazione, edito nel 2020 per i tipi del Mulino. Curato da tre ricercatori del gruppo di lavoro della Fondazione Leone Moressa, supportati dai contributi esterni di undici studiosi tra i quali Tito Boeri, il testo spiega che dal 2010 ad oggi gli stranieri residenti in Italia sono passati da 3,65 a 5,26 milioni (+4%), arrivando a rappresentare l’8,7% della popolazione. Tuttavia, i nuovi permessi di soggiorno sono diminuiti del 70%, a causa di una riduzione drastica di quelli per lavoro (-97%). 
L’occupazione è concentrata prevalentemente nelle professioni meno qualificate, i lavoratori stranieri sono per lo più uomini (56,3%) e 7 su 10 hanno un’età compresa tra 35 e 54 anni. Oltre la metà ha come titolo di studio la licenza media, mentre solo il 12% è laureato.
Nove pagine del rapporto sono dedicate, infine, alla procedura di regolarizzazione conclusasi nell’agosto del 2020. Si tratta dell’ultima di una lunga serie che, a partire dal 1987, ha portato all’emersione di oltre due milioni di lavoratori stranieri irregolari (il picco nel biennio 2002/2003, con quasi 650mila “sanati”). La regolarizzazione ha portato nelle casse dello Stato 30 milioni di euro immediati (contributo una tantum al netto dei costi amministrativi), con 15.326 domande presentate in Veneto, di cui 12.570 per lavoro domestico e 2.756 per lavoro subordinato (a Verona, le istanze per lavoro domestico sono state 3.080, mentre quelle per lavoro subordinato 1.268, per un totale di 4.348 domande).

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