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Emmanuel Carrère in lotta con il suo agnosticismo

Emmanuel Carrère
Il Regno
Adelphi, Milano 2015
pagg. 428 - 22 euro

Parole chiave: Il Regno (1)
Emmanuel Carrère in lotta con il suo agnosticismo

Il sottotitolo di una pubblicazione dell’ottimo biblista Romano Penna - L’identità cristiana allo stato nascente – potrebbe raccogliere in stringata sintesi la pointe dell’impresa tentata da Emmanuel Carrère ne Il Regno. Il romanziere e sceneggiatore francese prende le mosse, ovviamente, da un luogo diverso dell’anima: una profonda crisi spirituale, come quelle che scuotono tanti uomini e donne di questo mondo, e che lo porta, prima, ad aderire al cristianesimo e, poi, ad abbandonarlo, conservando comunque un’ammirazione e un attaccamento personale di rara profondità nei confronti del misterioso predicatore di Galilea.
Il Regno, se non può venir tecnicamente definito un romanzo, strizza volentieri l’occhio a questo genere ed è presto detta la sua trama: narra le vicissitudini di quegli araldi del vangelo che si sono distinti non solo per averlo annunciato, ma anche messo per iscritto, contribuendo alla nascita di ciò che canonicamente definiamo “Nuovo Testamento”. Nell’indagine di Carrère trovano posto i tratti caratteriali di questi annunciatori, le comprensibili e conosciute frizioni fra di loro, la vita spicciola delle prime comunità cristiane, alcune vicende politiche che vi fanno da sfondo, peraltro vivacemente evocato.
Sappiamo dall’autore stesso ciò che ha innescato questo desiderio irrefrenabile di rimettersi sulle tracce dei primi cristiani, ma anche la prospettiva precisa nella quale egli si colloca per riportarle alla luce. Giunto, infatti, ad un buon quarto del libro, esclude di mettersi nei panni del romanziere e dello storico, per inserirsi decisamente nel solco dell’investigazione (come si desse incompatibilità di questa con le prime due direzioni). In realtà, le opzioni verbalmente scartate si mostrano costantemente attive nella tessitura, per lunghi tratti insopportabilmente noiosa, di uno scritto che cerca la propria identità con impazienza pari a quella del proprio autore.
 Ad inizio ‘900, l’esegeta, medico e missionario Albert Schweitzer rilevava, in un celebre bilancio sulla ricerca riguardante il Gesù storico, il vicolo cieco entro il quale erano andati ad imbottigliarsi i ricercatori almeno da Reimarus in poi: partendo dal bruciante desiderio di recuperare la genuina figura di Gesù incrostata dal dogma, avevano finito per imporgli i propri pregiudizi. Carrère ha il vantaggio di muoversi libero da zavorre ideologiche, ma il suo ritratto di Paolo, Luca e Giovanni (in misura minore, anche di Marco) sembra patire un problema analogo a quello che affligge la prima fase della ricerca storica su Gesù. Così, per l’autore francese che ricorre volentieri all’audace illazione dove la letteratura esegetica chiede prudenza, Paolo è un uomo integerrimo, dalla fede convinta, ma pregiudizialmente chiuso ad ogni notizia riguardante gli eventi della vita pubblica di Gesù; Luca è colto, ma impermeabile rispetto all’esigenza dell’argomentazione, mentre predilige un’aneddotica che talvolta sconfina nell’arcadia; Giovanni, chiunque egli sia, tocca vette altissime ed inaccessibili, ma la sua Chiesa diventa presto una “setta di esoteristi paranoici”, il cui difetto non è estraneo alla tipologia di testimonianza da lui portata.
La ricerca di Carrère presenta punti di indubbio pregio, anche se, con minori responsabilità accademiche e con più viva sete esistenziale, duplica i limiti di quanti lo hanno preceduto sulla medesima strada. Il suo percorso si quieta in una comunità dell’Arca, dove, al netto delle amplificazioni interpretative operanti in tutti i testi del Nuovo Testamento, lo scrittore francese riconosce l’autentico spirito gesuano nella mano che accarezza e fa percepire il calore dell’affetto a chi non ha parole né per chiederlo, né per esprimerlo. Probabilmente il guadagno della sua indagine sta tutto in ciò che confida dopo la metà del ponderoso volume: scrivere un libro per non essere troppo d’accordo con se stesso e con il proprio agnosticismo.

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