Condiscepoli di Agostino
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Una pastorale giovanile popolare

Papa Francesco nulla sottovaluta di quanto la pastorale giovanile ha fatto e sta facendo in favore di una formazione alta dei giovani. Tuttavia, sente il bisogno di allertare su un fatto: la grande massa dei giovani sono assenti dai nostri ambienti educativi...

Papa Francesco nulla sottovaluta di quanto la pastorale giovanile ha fatto e sta facendo in favore di una formazione alta dei giovani. Tuttavia, sente il bisogno di allertare su un fatto: la grande massa dei giovani sono assenti dai nostri ambienti educativi. E non si rassegna, come nessun educatore deve permettersi di rassegnarsi ad un tale fenomeno preoccupante. Il Papa suggerisce allora una “pastorale giovanile popolare” e tenta di decifrarne il senso e il valore. Conoscendo l’indole dei giovani, soprattutto di quelli di oggi, a livello mondiale, è convinto che essi sono allergici a schemi preconfezionati, fatti di norme rigide, inquadramenti e controlli. Preferisce concentrare l’attenzione sui “leader naturali” dei vari quartieri, per valorizzarne le potenzialità (Cfr CV 230). Si tratta di leader di carattere popolare che non intendono emarginare nessuno, ma lavorare in funzione di una comunità in cui nessuno è escluso, a cominciare dagli ultimi: “Il popolo vuole che tutti partecipino dei beni comuni e per questo accetta di adattarsi al passo degli ultimi per arrivare tutti insieme. I leader popolari, quindi, sono coloro che hanno la capacità di coinvolgere tutti, includendo nel cammino giovanile i più poveri, deboli, limitati e feriti. Non provano disagio né sono spaventati dai giovani piagati e crocifissi” (CV 231).
Va da sé che nei confronti del mondo dei giovani occorre essere tolleranti, senza essere lassisti e qualunquisti, stimolando in loro il bene possibile, senza tuttavia la pretese che in loro esista solo il grano purificato dalla pula (Cfr CV 232). Se così fosse, “riduciamo il Vangelo a una proposta insipida, incomprensibile, lontana, separata dalle culture giovanili e adatta solo ad un’élite giovanile cristiana che si sente diversa” (Ivi). E prosegue il Papa: “Invece di soffocarli con un insieme di regole che danno del cristianesimo un’immagine riduttiva e moralistica, siamo chiamati a investire sulla loro audacia ed educarli ad assumersi le loro responsabilità, certi che anche l’errore, il fallimento e la crisi sono esperienze che possono rafforzare la loro umanità” (CV 233). Di conseguenza, la pastorale giovanile è chiamata a “creare spazi inclusivi, dove ci sia posto per ogni tipo di giovani e dove si manifesti realmente che siamo una Chiesa con le porte aperte” (CV 234). L’atteggiamento di apertura vale non meno che gli insegnamenti, di cui invece diventa una predisposizione. La pastorale giovanile deve riscoprire la sua dimensione “popolare che apra le porte e dia spazio a tutti e a ciascuno con i loro dubbi, traumi, problemi e la loro ricerca di identità, con i loro errori, storie, esperienze del peccato e tutte le loro difficoltà” (Ivi). Nessun giovane deve essere escluso dalla pastorale giovanile e dai nostri ambienti. In effetti, è il Vangelo stesso che ci “chiede di osare e vogliamo farlo senza presunzione e senza fare proselitismo, testimoniando l’amore del Signore e tendendo la mano a tutti i giovani del mondo” (CV 235).
Questo genere di pastorale giovanile popolare “è un processo lento, rispettoso, paziente, fiducioso, instancabile, compassionevole” (Cv 236). Gesù ne ha dato l’esempio, accompagnandosi ai discepoli di Emmaus (Cfr Ivi). Gesù li aiuta “a riconoscere quanto stanno vivendo, [...] conducendoli a interpretare alla luce delle Scritture gli eventi che hanno vissuto” (CV 237). A questo punto, papa Francesco segnala una modalità concreta di pastorale giovanile popolare “specialmente i pellegrinaggi” (CV 238), che vanno incoraggiati e stimolati in quanto sono capaci ancor oggi di attirare i giovani estranei alle strutture ecclesiali (Cfr Ivi). E conclude opportunamente: “La pietà popolare è un modo legittimo di vivere la fede ed è espressione dell’azione missionaria spontanea del popolo di Dio” (Ivi).

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