Condiscepoli di Agostino
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La Città di Dio un condensato del sapere di Agostino

Ormai giunto alla fine della sua vita, Agostino sente il bisogno di rivedere tutte le sue opere. E lo fa nelle Ritrattazioni. A proposito della Città di Dio, così si esprime: “Ho stabilito di scrivere i libri sulla Città di Dio (De civitate Dei) contro gli insulti dei pagani perché sono errori...

Parole chiave: Mons. Giuseppe Zenti (310), Vescovo di Verona (245), Sant'Agostino (175)

Ormai giunto alla fine della sua vita, Agostino sente il bisogno di rivedere tutte le sue opere. E lo fa nelle Ritrattazioni. A proposito della Città di Dio, così si esprime: “Ho stabilito di scrivere i libri sulla Città di Dio (De civitate Dei) contro gli insulti dei pagani perché sono errori. L’opera mi tenne occupato per molti anni. I primi cinque confutano coloro i quali vogliono la vicenda umana così prospera da ritenere necessario il culto dei molti dèi che i pagani erano soliti adorare. Sostengono quindi che avvengono in grande numero queste sciagure in seguito alla proibizione del culto politeista. Gli altri cinque contengono la confutazione di coloro i quali ammettono che le sciagure non sono mai mancate e non mancheranno mai agli uomini e che esse, ora grandi ora piccole, variano secondo i luoghi, i tempi e le persone. Sostengono tuttavia che il politeismo e relative pratiche sacrali sono utili per la vita che verrà dopo la morte. Dei dodici libri che seguono dunque i primi quattro contengono l’origine delle due città, una di Dio, l’altra di questo mondo; gli altri quattro il loro svolgimento o sviluppo; i quattro successivi, che sono anche gli ultimi, il fine proprio”.
Ecco dunque l’impianto generale dell’opera. Scrivendo poi a Firmo nel 426, gli prospetta una possibile edizione, o in due volumi, cioè fino al decimo libro e poi gli altri dodici; oppure in cinque volumi: uno-cinque, sei-dieci, undici-quattordici, quindici-diciotto, diciannove-ventidue.
Si tratta di un’opera colossale, “grande e ardua”, nella quale Agostino si mostra pastore apologeta, innamorato della sua fede cristiana, presentandola nel suo volto luminoso e umanizzante, amica dell’uomo e tessitrice di civiltà, riconoscendone come fondatore ed epicentro Gesù Cristo. Nel contempo stigmatizza il paganesimo di incapacità a risolvere i grandi interrogativi esistenziali e gli aggrovigliati problemi del vivere sociale e civile; di immoralità, di cui gli stessi dèi erano esempi sinistri; di disumanità nei confronti degli avversari.
Vi si condensa la cultura enciclopedica di Agostino sul sapere letterario e filosofico antico: spazia da Platone, a Plotino, a Porfirio (greci), ad Apuleio, a Virgilio, a Varrone, a Cicerone, a Sallustio (latini).
Tratta di tutti gli argomenti possibili, in modo organico, raffrontando continuamente la cultura della città di Dio con quella della città dell’uomo. In particolare, esemplificando: Dio creatore, la creazione vestigia di Dio, il Mistero della vita trinitaria, gli angeli, la demonologia, la magia, il monogenismo, il peccato originale, il male, la morte, il matrimonio, la concupiscenza, la verginità, la libidine del potere, la persecuzione, la lotta tra le due città, la vittoria del bene sul male grazie alla mediazione di Cristo, la natura del male come privazione del bene, la provvidenza, il peccato e la redenzione, la prescienza divina, la predestinazione, la libertà umana e la grazia, la religione, il sacrificio cultuale, la pace, l’intelligenza e la ragione umana, fede-ragione, umiltà-superbia, la cupidigia e l’avarizia, l’autorità della Parola di Dio, il miracolo, Cristo re di questa città, la comunione dei santi e dei sacramenti, l’escatologia, il giusto giudizio di Dio, la pena del peccato, il sommo bene (paradiso), la purificazione (purgatorio) e il sommo male (inferno eterno), l’infelicità o la felicità eterne. Molti dei temi affrontati e approfonditi nella Città di Dio si riscontrano anche nelle Confessioni, nel trattato sulla Trinità e in varie altre opere.

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