Condiscepoli di Agostino
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Fate questo in memoria di me

L’Eucaristia non è un evento accaduto una sola volta nell’ultima Cena come anticipazione sacramentale del mistero pasquale di Gesù. Quell’evento sacramentale, narrato da Paolo nella Prima ai Corinzi (1Cor 11,23-34) negli anni 50 e dai Sinottici, Matteo, Marco e Luca, tra gli anni 70-80, è stato reso da Gesù stesso, che ne è l’Autore oltre che il contenuto, una istituzione permanente: «Fate questo in memoria di me!».

L’Eucaristia non è un evento accaduto una sola volta nell’ultima Cena come anticipazione sacramentale del mistero pasquale di Gesù. Quell’evento sacramentale, narrato da Paolo nella Prima ai Corinzi (1Cor 11,23-34) negli anni 50 e dai Sinottici, Matteo, Marco e Luca, tra gli anni 70-80, è stato reso da Gesù stesso, che ne è l’Autore oltre che il contenuto, una istituzione permanente: «Fate questo in memoria di me!». “Quando Gesù comanda di ripetere i suoi gesti e le sue parole ‘finché egli venga’, non chiede soltanto che ci si ricordi di lui e di ciò che ha fatto. Egli ha di mira la celebrazione liturgica, per mezzo degli Apostoli e dei loro successori, del memoriale di Cristo, della sua vita, della sua Morte, della sua Risurrezione e della sua intercessione presso il Padre” (CCC 1341).
Il mondo ebraico era particolarmente sensibile nei confronti della realtà espressa dal termine “memoriale”, in quanto evocava un passato, come l’uscita dall’Egitto, reso presente attraverso il segno della Pasqua ebraica. In altre parole, la stessa potenza salvifica espressa da Jahvè nel far uscire il popolo ebreo dalla schiavitù di Egitto, cioè l’Esodo, Dio la assicurava al suo popolo quando ogni anno celebrava la Pasqua, nel segno del pane azzimo e dell’agnello immolato.
Non a caso “Gesù ha scelto il tempo della Pasqua per compiere ciò che aveva annunciato nella sinagoga di Cafarnao, parole che preparano l’istituzione dell’Eucaristia: Cristo si definisce come il pane di vita, disceso dal cielo. […] Celebrando l’ultima Cena con i suoi Discepoli durante un banchetto pasquale, Gesù ha dato alla Pasqua ebraica il suo significato definitivo. Infatti, la nuova Pasqua, il passaggio di Gesù al Padre attraverso la sua Morte e la sua Risurrezione, è anticipata nella Cena e celebrata nell’Eucaristia, che porta a compimento la Pasqua ebraica e anticipa la Pasqua finale della Chiesa nella gloria del Regno” (CCC 1339.1340).
Proprio perché convinti del valore memoriale del comando di Gesù «Fate questo in memoria di me», fin dall’indomani della Pentecoste i cristiani, sotto la presidenza degli Apostoli, celebravano il memoriale eucaristico, con la certezza della fede che in quel momento si compiva il mistero contenuto nell’evento eucaristico dell’ultima Cena. Un testo fra tutti: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. […] Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore” (At 2, 42.46). Il riferimento all’Eucaristia è contenuto nel gesto della frazione del pane: “frazione del pane” è un sinonimo di Eucaristia.
Il memoriale eucaristico ha sempre trovato il giorno privilegiato di celebrazione nella Domenica, giorno del Signore, nel quale i cristiani allora come oggi, si riunivano per “spezzare il pane” (At 20, 7). “Da quei tempi la celebrazione dell’Eucaristia si è perpetuata fino ai nostri giorni, così che oggi la ritroviamo ovunque nella Chiesa con la stessa struttura fondamentale. Essa rimane il centro della vita della Chiesa” (CCC 1343). La domenica è davvero il “giorno dell’Eucaristia”. Per questo i martiri scillitani affermavano, affrontando il martirio reso possibile dalla forza in loro dell’Eucaristia: «Senza la domenica noi non possiamo vivere».

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