Condiscepoli di Agostino

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Zenti mons. Giuseppe

Ormai sulle soglie dell’adolescenza che sussegue la fanciullezza, vissuta da ragazzo vivace, Agostino riconosce la preziosità della sua vita, che considera dono di Dio, con tutte le sue prerogative, belle e piacevoli: “Al nostro Dio rendo grazie... anche se tu avessi voluto la mia esistenza limitata alla mia fanciullezza... e negli stessi piccoli pensieri persino delle piccole cose mi dilettavo della verità. Non volevo essere ingannato; ero dotato di una memoria vigorosa; apprendevo l’arte della parola; mi sentivo accarezzato dall’amicizia; rifuggivo il dolore, l’abiezione, l’ignoranza. Ma tutte queste cose sono doni del mio Dio”...

Si sa che la fanciullezza coincide con l’età scolare. E anche Agostino ha avuto la fortuna di poter frequentare la scuola, con l’obiettivo di imparare lettere, praticamente imparare a leggere e a scrivere. Agostino non esita a confessarsi in pubblico, oltre che davanti a Dio...

Nella narrazione della sua biografia indirizzata a lodare Dio misericordioso non inizia dall’età della ragione o da quando può ricostruirla con i suoi personali ricordi. Preferisce riportare anche eventi e situazioni a lui riferiti da persone che l’hanno conosciuto, o da esperienze successive analoghe da lui sperimentate...

Se c’è un libro di carattere autobiografico noto, per così dire, in tutto il mondo culturale sono proprio Le Confessioni di Sant’Agostino. Mentre confida a Dio il travaglio del suo cammino al fine di lasciarsi conquistare da Lui, emerge in lui una singolare capacità di scandagliare le profondità abissali del suo essere umano...

Tutte le riflessioni sul discernimento spirituale portano all’ascolto di Dio in tutti i momenti: “Il discernimento è necessario non solo in momenti straordinari, o quando bisogna risolvere problemi gravi, oppure quando si deve prendere una decisione cruciale.

Papa Francesco non intende illudere nessuno. La via della santità è fatica e persino combattimento. Sempre infatti vi è in agguato, e agguerritissimo, Satana interamente intento ad impedire che l’uomo si lasci conquistare dalla grazia di Dio. Per questo afferma: “La Parola di Dio ci invita esplicitamente a ‘resistere alle insidie del diavolo’ e a fermare ‘tutte le frecce infuocate del maligno’” (Ge 162). Di conseguenza, proprio per combatterlo adeguatamente, occorre riconoscere Satana operante astutamente e assumere su di noi le armi potenti e idonee di cui Dio ci fornisce: “la fede che si esprime nella preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la celebrazione della Messa, l’adorazione eucaristica, la riconciliazione sacramentale, le opere di carità, la vita comunitaria, l’impegno missionario” (ivi).

Senza mezzi termini papa Francesco afferma: “La vita cristiana è un combattimento permanente” (Ge 158). E ne spiega le ragioni che rimandano all’avversario dell’uomo: “Si richiedono forza e coraggio per resistere alle tentazioni del diavolo e annunciare il Vangelo” (ivi). Benché siamo in mezzo alla lotta, il Papa ci incoraggia precisando che “questa lotta è molto bella, perché ci permette di far festa ogni volta che il Signore vince nella nostra vita” (ivi).

C’era da aspettarsela che papa Francesco avrebbe dato campo all’importanza della preghiera nell’ambito della santità: “Ricordiamo che la santità è fatta di apertura abituale alla trascendenza, che si esprime nella preghiera e nell’adorazione. Il santo è una persona dallo spirito orante, che ha bisogno di comunicare con Dio” (Ge 147).

Sicuramente la santità è un fatto che riguarda la singola persona. Tuttavia, specialmente al giorno d’oggi, è assai difficile tendere costantemente alla santità personale senza un inserimento ben radicato nella vita della comunità ecclesiale.

È noto a tutti che uno dei verbi più cari a papa Francesco e da lui più frequentemente usati è “uscire”. Come a dire che la Chiesa e in essa il cristiano sono per natura missionari, sospinti dallo Spirito a far conoscere il Vangelo, e in esso Gesù Salvatore e Signore, a tutti...