Il Fatto di Bruno Fasani
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Torna l’Educazione civica ma con quali prospettive?

Correva l’anno 1958. Ministro della Pubblica Istruzione era allora un giovane 42enne, che avrebbe lasciato una grande traccia nella politica italiana: Aldo Moro...

Parole chiave: Educazione Civica (2), Il Fatto (417), Bruno Fasani (325)

Correva l’anno 1958. Ministro della Pubblica Istruzione era allora un giovane 42enne, che avrebbe lasciato una grande traccia nella politica italiana: Aldo Moro.
Pensando all’Italia del domani si partiva da una costatazione e, cioè, che senza cultura non ci sarebbe stato futuro per il Paese. Fu per quella ragione che si decise di rendere obbligatoria la scuola media inferiore. Il boom economico, prima che del portafogli, aveva bisogno di cervelli. Di lì a due anni, la Rai avrebbe messo in campo il maestro Alberto Manzi. Con la trasmissione “Non è mai troppo tardi” la televisione di Stato avrebbe reso uno dei suoi servizi migliori, quello di insegnare agli italiani a leggere e a scrivere.
Aldo Moro, quando si trattò di imbastire l’architettura del nuovo corso di studi, volle introdurre come materia obbligatoria l’Educazione civica. Che non serviva soltanto a creare un senso di coesione sociale dopo le fratture dell’ultima guerra, ma soprattutto a fare conoscere i pilastri della Costituzione sui quali si reggeva la giovane e ancora acerba democrazia repubblicana.
Come siano andate le cose lo sappiamo. Col tempo la materia perse di importanza, crebbe nella coscienza pubblica il principio del chissenefrega, mentre il partito delle mamme, quello del poverino il mio tesoro, faceva crescere sempre più il narcisismo di piccoli bulletti, refrattari a qualsiasi senso di responsabilità sociale. E così, con funerali degni di una festa di liberazione, dopo l’abolizione del servizio di leva nel 2006, nel 2010 si seppellì per sempre l’ora di Educazione civica. O almeno così si credeva.
La notizia è invece che dal prossimo settembre essa sarà ripristinata in tutte le scuole. Studio della Costituzione italiana, dell’ambiente e dell’Europa. Bravo, verrebbe da dire a chi l’ha voluta, era ora, anche se non mancano motivi per alimentare qualche perplessità.
Prima di tutto sarà una disciplina trasversale, cioè saranno gli insegnanti delle varie materie a metterla nel carniere delle loro ore di insegnamento. Quindi non una disciplina a sé con tanto di voto e docenti preparati espressamente.
C’è da pensare che qualche professore se la caverà sbrigativamente, soprattutto se dovessero entrare pregiudizi ideologici, pensando da che partito viene la proposta. Verrebbe anche da dire che sarebbe stato meglio ipotizzare percorsi pedagogici in cui insegnare ai ragazzi l’educazione nei rapporti umani, quella del rispetto tra generazioni, una sana educazione sessuale, l’integrazione tra Nord e Sud d’Italia, l’importanza del comunicare senza le contrapposizioni cui ci fa assistere certa politica, l’uso corretto dei media digitali... Insomma, un percorso pedagogico che andasse a puntellare la fragilità delle famiglie in questo momento storico.
Costituzione, ambiente, Europa, saranno invece questi i temi da spalmare su 33 ore annuali, spartite tra più insegnanti.
Basterà per formare cittadini nuovi e coscienze nuove? La speranza non deve morire, ma l’impressione è che, senza un impegno più robusto, anche nel finanziare nuovi professori, il tutto si ridurrà a una medaglietta da appuntare sul petto di qualche politico più furbo di altri.

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