Il Fatto di Bruno Fasani
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Si difende la Patria con le stellette e col servizio civile

Per chi la guerra, e si tratta della maggioranza degli italiani, per sua fortuna non l’ha vissuta, il flagello del Coronavirus ce ne sta regalando uno scampolo mica da ridere. Anche se è l’economia a tener banco sul piatto dei lamenti, insieme con la paura d’essere contagiati e morire, è tutto il sistema delle relazioni umane ad essere entrato in fibrillazione...

Parole chiave: Il fatto (417), Bruno Fasani (325), Coronavirus (96)

Per chi la guerra, e si tratta della maggioranza degli italiani, per sua fortuna non l’ha vissuta, il flagello del Coronavirus ce ne sta regalando uno scampolo mica da ridere. Anche se è l’economia a tener banco sul piatto dei lamenti, insieme con la paura d’essere contagiati e morire, è tutto il sistema delle relazioni umane ad essere entrato in fibrillazione. Senza contare le speculazioni affaristiche, che sguinzagliano i Caino della società, pronti a far l’affare sulla pelle del disagio. Penso a chi è in pista per rilevare (leggi riciclare), pronto cash, alberghi e ristoranti alla canna del gas, ma anche ai tanti che stanno facendo affari d’oro, rivendendo mascherine a prezzo maggiorato del 400%. Ogni disgrazia ha i suoi sciacalli e anche questa ce ne consegna uno spaccato del tutto rispettabile.
Ci era sembrato un po’ retorico equiparare questa pandemia ad una guerra. Ma anche il linguaggio ha la sua importanza nel tradurre la percezione che la gente ha di un fenomeno. Guerra, trincea, prima linea, fronte… sono parole che hanno popolato le pagine dei giornali e la bocca dei commentatori televisivi. Sia come sia, ogni guerra ha comunque un nemico e una difesa. Ed è su quest’ultima che, per una volta tanto, accendiamo i fari. Ne abbiamo visto una, a tutti famigliare, che è quella degli uomini in divisa. Immagini terribili, quelle dei camion che ogni giorno portavano alla cremazione una litania crudele di morti. Militari prestati al ministero della pietà, dove l’unica arma che conta è quella della compassione. Li abbiamo visti in operazioni di sicurezza stradale e ambientale, nel lavoro di sanificazione degli ambienti e tanto altro, con l’unico obiettivo di salvaguardare la popolazione dal rischio in corso.
Ma abbiamo visto anche un’altra difesa dell’Italia, quella dei volontari della Protezione civile, degli alpini e di tanti che hanno dimenticato l’idolatria del sé, per dedicarsi alla logica del noi. Il grazie del Paese verso costoro non può comunque esaurirsi in un battimani, tanto elogiativo nella forma, quanto sbrigativo e disimpegnato nella sostanza. Deve portare ad una riflessione ulteriore.
L’articolo 52 della Costituzione recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge…”. Alla luce dei fatti e dell’esperienza, ci chiediamo: cosa sarebbe stata la vicenda ancora in corso, senza il contributo indispensabile di questi volontari? E ancora: esiste solo una difesa armata, o ne esiste anche una parallela, civile, altrettanto importante ed indispensabile? Dall’ovvia risposta, ci si chiede se non sia arrivato il momento di rivedere quella legge Martino del 2004 con cui si sospese la coscrizione obbligatoria, per ripartire, reintroducendo un sistema misto per tutti i giovani, maschi e femmine, con la possibilità di scegliere tra un Servizio civile obbligatorio oppure un servizio militare volontario, dentro la Protezione civile alpina o il suo Ospedale da Campo. Unico sistema per radicare nei giovani la consapevolezza che nella condizione di cittadinanza si uniscono diritti ma anche doveri. Sappiamo che oggi il Servizio civile è riservato a pochi volontari a fronte dei moltissimi che ogni anno chiedono di parteciparvi. Problemi di bilancio, è la risposta non detta, davanti alla costante e progressiva erosione dei fondi disponibili. Una miopia politica che è figlia dell’indifferenza, quasi che i volontari fossero una mini colonia scout, tenuta viva per dare un contentino, come il contributo che si dà per la festa degli asparagi. Il dramma che ci sta colpendo la dice lunga sull’importanza di ripensarci. Sempre che la storia sia maestra di vita.

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