Il Fatto di Bruno Fasani
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Quando un ferro da stiro fa lievitare la polemica

C’è una pubblicità che campeggia in questi giorni nella Metro di Milano che sta causando travasi di bile al sensibile e colto mondo dei social. Lo spot parte da una domanda che ognuno di noi si farebbe dovendo fare il regalo a una signora...

Parole chiave: Il Fatto (417), Bruno Fasani (325), Pubblicità (4)

C’è una pubblicità che campeggia in questi giorni nella Metro di Milano che sta causando travasi di bile al sensibile e colto mondo dei social. Lo spot parte da una domanda che ognuno di noi si farebbe dovendo fare il regalo a una signora. Cosa serve per farla felice? «Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora» si domanda l’incauto pubblicitario? È bastato questo perché si scatenassero le furie delle moderne Erinni. Così furiose da far impallidire quelle letterarie del più famoso Orlando.
Il cittadino agé e un tantino ingenuo si chiede dove stia il motivo del contendere. Anche perché sarebbe portato a vedere altrove i veri problemi che causano l’infelicità della donna. E quindi propenso a credere che a farla felice potrebbe essere la fine di un maschilismo cretino che la umilia e la annienta fisicamente dentro le ultime frontiere del femminicidio e dello stalking. Oppure finendola di mortificarla sui marciapiedi in nome di una schiavitù che insistiamo a chiamare mestiere. Non vorrei neppure dimenticare il suo impiego in politica, spesso concesso dal maschio alfa di turno, in cambio di prestazioni che di politico hanno solo le piroette con cui si cambia casacca. In questo caso lingerie. Donne come merce, che finiscono per essere privilegiate nella misura in cui risultano appetibili per il corpo che indossano.
Moralisticamente e ingenuamente ti aspetti che a scendere in campo dovrebbero essere tutte quelle signore che, stufe di essere messe in gioco, in nome delle quote rosa, come se fossero un ingrediente per confezionare la torta, decidono di dire basta alla logica che le vorrebbe numeri oppure oggetti di piacere.
E invece? E invece nisba, cari lettori. Quello che le fa infuriare dello spot pubblicitario è il riferimento al ferro da stiro e al grembiule. Espressioni sessiste, hanno gridato inorridite. Frasi che riportano la donna indietro nel tempo, relegandola al ruolo di serva del maschio, angelo della casa, tutta fornelli e camicie da inamidare.
E qui ti viene subito il prurito, pensando all’ingenuità dello sprovveduto pubblicitario. Possibile che nel 2017 non gli sia venuto in mente di mettere il martello pneumatico al posto del ferro da stiro? O la carriola del muratore al posto del grembiule? O che so? Una tuta da asfaltatori di strade piuttosto che una chiave inglese? Strumenti simbolici che l’avrebbero fatta nuotare nelle acque sicure della parità di genere e di diritti.
Provo a capire, ma faccio fatica. Soprattutto perché sono convinto che a far felice una donna sia l’amore e il rispetto che le viene riservato. Ho vissuto 30 anni accanto a mia madre. Quand’era più giovane era lei che accudiva la casa, lavava, stirava e faceva tutto ciò che si fa dove ci si vuol bene. Poi divenuta più fragile ho imparato a cucinare per lei, a fare la lavatrice ed anche a stirare. Ma nessuno dei due si sarebbe mai sentito offeso per un ferro da stiro.

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