Il Fatto di Bruno Fasani
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Le maldestre uscite di tal Rocco Casalino

Rocco Casalino deve avere la lettera “g” nel Dna. Prima gieffino, ossia concorrente al Grande Fratello nel 2000, poi giornalista televisivo quando, negli anni a seguire, mise a frutto il quarto posto incassato nel popolare reality. Invitato e inviato di qua e di là in tanti salotti a costruirsi l’immagine di comunicatore...

Parole chiave: Rocco Casalino (1), Il Fatto (436), Bruno Fasani (345)

Rocco Casalino deve avere la lettera “g” nel Dna. Prima gieffino, ossia concorrente al Grande Fratello nel 2000, poi giornalista televisivo quando, negli anni a seguire, mise a frutto il quarto posto incassato nel popolare reality. Invitato e inviato di qua e di là in tanti salotti a costruirsi l’immagine di comunicatore. Infine grillino. Tre “g”, sempre che non aspiri alla quarta, magari come governatore di qualche regione.
Per ora è nella veste di comunicatore che sembra aver raggiunto il massimo delle aspirazioni, diventando, nientemeno, che portavoce di palazzo Chigi e spin doctor (ossia addetto alle pubbliche relazioni ma anche musa ispiratrice) della comunicazione del M5S. Non so se sia bravo, di sicuro è intraprendente. Ed anche un tantino sprovveduto.
Da buon giornalista e per il posto che occupa, dovrebbe sapere che il mondo dell’informazione è dotato di due peccati originali, anziché di uno com’è nella norma, per cui la prudenza non è mai troppa. Nei giorni scorsi ha fatto il giro d’Italia una intercettazione in cui minacciava sfracelli contro i funzionari e dirigenti del Ministero che si fossero opposti alle riforme di Gigi il Bello, alias Di Maio. E magari qualche ragione l’aveva anche. Si sa che quando un ministro entra ad occupare una sedia, i dirigenti che vi lavorano dentro da anni ne sanno cento volte più del diavolo. E quindi rallentare o impedire una riforma è cosa da ragazzi. Per cui, qualsiasi avveduto neoinquilino dovrebbe sapere che prima di mostrare i denti serve creare uno spirito collaborativo di condivisione.
Ma il povero Casalino, abituato al “confessionale” del Grande Fratello, deve aver pensato che anche qui, come là, la legge del mors tua vita mea, ossia mostrare i denti, era il metodo più sicuro per spianare la strada e renderla in discesa. Forse anche come portavoce di Conte pensava che la strada fosse in discesa, senza mettere in conto che di mezzo c’era un ponte. C’era, perché adesso non c’è più. Il ponte di Genova.
È facile immaginare che il disastro abbia costituito giorni di straordinari per il povero Casalino. Tutti, questi invadenti di giornalisti, decisi a fare bene il proprio lavoro, lì a chiedere in continuazione questo e quello, come e quando, se e perché... Povero Casalino, neppure lui avrebbe mai immaginato, quando aveva comunicato esultante la sua nomina al proprio compagno cubano, in quale ginepraio si stava mettendo. Tanto più che i nervi ogni tanto possono saltare anche ai migliori. E allora ecco sbottare coi giornalisti: «Ragazzi, anch’io ho diritto a farmi due giorni, no? Già mi è saltato Ferragosto, Santo Stefano, santo Rocco, Santo Cristo. Non mi stressate la vita».  Tanto è bastato perché le opposizioni si scatenassero, dicendo che ha offeso le vittime di Genova. Ma non è vero. Casalino in queste parole ci ha consegnato la parte più vera di sé, ossia quella di un uomo che come tutti sente la fatica. Chi ne ha voluto fare una strumentale opportunità per dar fuoco alle micce, ha dimostrato di non aver cartucce, né umanamente, né politicamente.

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