Il Fatto di Bruno Fasani
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La questione immigrati e il silenzio della politica

Calato il sipario sulle ultime elezioni, sul fenomeno migratorio è calata un’indifferenza mortale. L’argomento evidentemente non serve più. Né ai buonisti che fanno il belletto alla coscienza con proclami senza far seguire i fatti, né ai cattivisti che, giocando sulla pancia della gente, seminano allarmismi da incassare nelle urne...

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Calato il sipario sulle ultime elezioni, sul fenomeno migratorio è calata un’indifferenza mortale. L’argomento evidentemente non serve più. Né ai buonisti che fanno il belletto alla coscienza con proclami senza far seguire i fatti, né ai cattivisti che, giocando sulla pancia della gente, seminano allarmismi da incassare nelle urne. Ed è, per chi ha un minimo di testa, una tristezza infinita. Ogni cittadino, che lavora contribuendo a far crescere la ricchezza del Paese e che paga le tasse perché la macchina sociale funzioni, avrebbe il diritto di vedere una classe politica che pensa con lungimiranza e soprattutto determinata a risolvere i problemi. L’impressione, invece, è che in Italia da ormai troppo tempo si governi a spicchi temporali, ossia guardando a come non perdere consenso tra un’elezione e l’altra, infarcendoli di promesse e di proclami, smentiti poi clamorosamente una volta evitata la mina della scadenza elettorale.
E così anche il fenomeno migratorio, affrontato a chiacchiere a destra come a sinistra, finisce per diventare un problema di cui ci si serve, anziché tentare di servirlo e di risolverlo. Che sia un problema vero è fuori dubbio. Oltretutto la Libia, anche per far pressione sull’Italia perché si schieri più decisa con il governo Serraj, ultimamente ha rinunciato a qualsiasi controllo, lasciando partire di tutto e di più. Ci sarebbe da dire qualcosa anche su Malta e sul comportamento di rifiuto nel prendersi a carico i tanti poveri disperati, che rischiano di affogare nelle acque di sua competenza. Ma su questo, silenzio tombale. Tanto sia il coronavirus come le tante disgrazie in casa 5Stelle bastano da sole a distrarre l’attenzione.
Il problema migratorio esigerebbe invece una riflessione lungimirante e non solo per quanto riguarda il salvataggio dei disperati sui barconi. Dietro ci sono realtà ben più complesse cui dare risposta. Penso alla diversità di ricchezza pro capite dei Paesi nel mondo. Cosa fareste se voi foste del Niger, con 411 dollari pro capite di Pil, o del Gambia con 469, o i 795 dell’Etiopia… pensando ai 30.507 dell’Italia, ai 44mila della Germania, ai 103mila del Lussemburgo? Oppure se foste costretti a vivere in condizioni di dittatura o di guerra?
Ma il problema non è solo dall’altra parte del mondo. È soprattutto qui da noi, legato principalmente alla questione demografica. Si dice che in Europa, per la prima volta nella storia, si sia ribaltata la piramide. Non più pochi anziani e vecchi al vertice, con una grande base di giovani, ma esattamente l’opposto. E chi pagherà le pensioni tra un po’ di tempo? E chi sostituirà i 335mila lavoratori che vanno in pensione ogni anno, senza che ci sia il ricambio? Oltretutto sappiamo bene che la scolarizzazione, con i nostri ragazzi per lo più diplomati e laureati, difficilmente consente il reintegro in professioni considerate squalificanti e non idonee al proprio titolo di studio. Si spiega soprattutto così il fatto che nel 2017 siano emigrati dall’Italia 200mila giovani in cerca di lavoro all’estero. Sento talvolta dire che gli immigrati rubano il lavoro agli italiani. In parte è vero. Ma non è colpa loro. È piuttosto colpa di chi, in Italia, preferisce pagare in nero, magari 1 euro all’ora, dei poveri disperati. Si comincino a fare dei contratti regolari, con stipendi regolari e poi ne parliamo. Chi oggi in Italia fa i ddd jobs, ossia i lavori dirty, dangerous, demeaning (sporchi, pericolosi e umilianti) non è un ladro di lavoro. È semplicemente uno schiavo.

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