Il Fatto di Bruno Fasani
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L’uso spensierato dei soldi degli altri

Siamo in Rai. Rai 1, Storie italiane. A tema c’è l’imbroglio dei diamanti in cui sono caduti molti clienti di diverse banche, su tutto il territorio nazionale. Da parte mia, il pensiero corre alle 317 persone della mia città, Verona, vittime di questo sporco imbroglio...

Parole chiave: Storie italiane (2), Il fatto (435), Bruno Fasani (344), Rai Uno (13)

Siamo in Rai. Rai 1, Storie italiane. A tema c’è l’imbroglio dei diamanti in cui sono caduti molti clienti di diverse banche, su tutto il territorio nazionale. Da parte mia, il pensiero corre alle 317 persone della mia città, Verona, vittime di questo sporco imbroglio. Diamanti venduti a prezzi molto più alti del loro valore. Direttori di banca, consulenti vari, abili come il gatto e la volpe di Collodi, felpati e suadenti a convincere i clienti che quello era l’affare del secolo. Se è vero che agli onori della cronaca sono finiti i vip, quelli che di soldi ne hanno persi tanti, avendone peraltro tanti, sul territorio, a rimetterci le penne sono soprattutto i piccoli risparmiatori. Gente che ha investito venti, trentamila, cinquantamila euro con la promessa che nel giro di pochi anni il valore dei diamanti comprati sarebbe lievitato considerevolmente.
Penso alla rabbia e alla delusione di questa gente e rivivo l’amarezza di non molti anni fa. Anche allora la stessa banca, puntando sul rapporto di fidelizzazione col cliente incentivava a investire in azioni della banca stessa. Una corsa dei piccoli risparmiatori a mettere tutto ciò che riuscivano a risparmiare dentro la cassaforte di casa. Almeno così consideravano la banca, la loro banca. Azioni che non sembravano conoscere tramonto. 20, 21, 22, 23 euro a titolo. Quasi un’asta della fiducia per chi poteva mettere al sicuro quattro soldi messi da parte. E tutti, dai capi grossi ai direttori di filiale a incentivarti perché oltre al piccolo tuo tesoro tu mettessi anche il tuo cuore. Fidati, fidati. Poi l’inizio della fine. 19, 18, 16... e giù, giù a precipizio. «Direttore devo vendere?»; «Ma non vorrai mica assecondare le bizze del mercato vero? Aspetta e vedrai che rimbalzo fanno i tuoi soldi». Solo che alla fine il rimbalzo fu talmente a gambe in su che le azioni arrivarono a 0,89 euro. Come sia andata tutti lo sanno e i veronesi sono tornati a casa a leccarsi le ferite dei loro risparmi bruciati. «Tanto lo sapevi che a investire in borsa il rischio lo corri sempre, cretino di un risparmiatore che non sei altro». Così ti dicevano. E nessuno che abbia avuto il coraggio di intentare una class action contro dirigenti senza scrupoli e competenza, che avevano portato la banca sull’orlo del fallimento.
Qualche dirigente fu allontanato da Verona, non senza averlo adeguatamente coperto di benefit prima dell’addio. Benefit estesi a tutto lo staff dirigenziale, ovviamente. Il tempo si sa è amico dell’oblio e dopo qualche tempo anche la rassegnazione sarebbe subentrata alla rabbia contro chi amministra i soldi degli altri con questa allegra spensieratezza. Rabbia che si risveglia non appena scopri che solerti dirigenti, direttori vari, calano il pelo sullo stomaco, pur di portare a casa qualche regalia, qualche viaggio esotico o vantaggio di altro tipo. E allora ecco il trucco dei diamanti, tanto il risparmiatore è solo un povero pollo. Non un cliente da servire, ma un rimba da spennare.
In attesa che la giustizia faccia il suo corso, e questa volta lo farà, così mi garantisce chi la sa lunga, l’amarezza mi rimanda a due cose che lasciano l’amaro in bocca. La prima è quella di una stampa locale che sembra ispirarsi alla logica delle tre scimmie, che non sentono, non vedono e non parlano. La seconda è vedere la dirigenza della stessa banca che è lì da decenni sempre al proprio posto, spavalda e senza vergogna, come se tutto questo fosse cosa che non la riguarda.

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