Il Fatto di Bruno Fasani
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Il diritto alla libertà deve sempre misurarsi col rispetto dei diritti altrui

È il 30 ottobre scorso. Nella cattedrale di Nizza entra un giovane tunisino di 21 anni. Al grido di Allah akbar (Allah è grande) decapita una fedele e sgozza altre due persone causandone la morte...

Parole chiave: Il Fatto (417), Bruno Fasani (325), Attentati (3), Terrorismo (6), Francia (3)

È il 30 ottobre scorso. Nella cattedrale di Nizza entra un giovane tunisino di 21 anni. Al grido di Allah akbar (Allah è grande) decapita una fedele e sgozza altre due persone causandone la morte. Fanatismo religioso di un esaltato, cui in passato droga ed alcol hanno bruciato il cervello, o manovalanza di un progetto coltivato altrove da menti perverse come mandanti? Qualche giorno prima la rivista satirica Charlie Hebdo aveva pubblicato una vignetta su Erdogan intento ad alzare la gonna ad una signora velata, causando la reazione indignata del mondo islamico.
19 ottobre 2020, a Conflans Sainte Honorine, sempre in Francia, viene decapitato Samuel Paty, giovane professore di geografia. In classe aveva tenuto una lezione di educazione civica sul diritto alla libertà di espressione. Per avvalorare la sua esposizione aveva mostrato agli studenti le vignette contro Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. Le stesse che il 7 gennaio 2015 avevano causato il massacro delle 12 persone della redazione, più qualche altro sfortunato che gli assassini avevano incrociato nella loro fuga. Su questi episodi, che hanno come causa comune scatenante le vignette blasfeme di un giornale satirico si sono versati fiumi di inchiostro. Oggi ci torno sopra ma solo per tentare di dire qualcosa fuori dal coro.
Se si vanno a leggere gli scopi che giustificano la pubblicazione del settimanale, si scopre che l’azione di critica è rivolta alla difesa delle libertà individuali, civili e collettive, a cominciare dalla libertà d’espressione. Libertà, libertà, libertà. Ma davvero la libertà è un valore così assoluto da porsi al di sopra delle regole e dei limiti che ne conseguono?
Andrei Sakharov, premio Nobel per la Pace nel 1975, oltre ad essere stato un grandissimo fisico nucleare russo, fu anche un grandissimo uomo ispirato da valori etici. Nel 1955 a seguito della sperimentazione di armi termonucleari, che avevano causato la morte di un giovane soldato e di una bambina di due anni, si rivolse ai responsabili per chiedere conto degli effetti di quella loro sperimentazione. La risposta fu assolutamente cinica, in linea con la cultura che ispirava il loro lavoro: noi ci interessiamo di migliorare le armi, il resto non è affare nostro. Fu allora che Sakharov prese coscienza di cosa volesse dire una libertà fine a se stessa e lo espresse con queste parole: «Nessun uomo può esimersi dalla propria parte di responsabilità per azioni da cui dipende l’esistenza degli altri».
La domanda viene di conseguenza, può Charlie Hebdo, in nome della libertà di espressione, prescindere dal fatto che gli effetti delle sue azioni finiscono per essere pagati da gente innocente, che forse mai ha sfogliato una pagina delle loro pubblicazioni o condiviso un solo pensiero? Se la libertà si trasforma in diritto assoluto a prescindere dagli altri, allora va a finire che tutto viene dissacrato. In sostanza è la persona che passa in secondo piano, ma poi le religioni, i principi morali… Una dissacrazione come strada privilegiata verso il nulla, il nichilismo sociale, in cui scompaiono valori condivisi e principi di riferimento comune, a vantaggio della dittatura dei punti di vista, indifferente agli altri e al loro bene.
Il fatto che i cristiani non abbiano reagito alle vignette blasfeme contro la loro fede, non significa che sia legittimo l’esercizio della profanazione dei diritti altrui. E il rispetto della fede degli altri è un diritto fondamentale equiparabile al diritto alla libertà. Credere che quest’ultimo abbia una priorità sull’altro, senza avvertire il bisogno di rispettarlo, più che  libertà sembra una forma di violenza, benché perpetrata con la penna anziché con le armi.

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