Il Fatto di Bruno Fasani
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Anche in Rai si sbaglia l’importante è ammetterlo

Io voglio bene alla Rai. Per il moltissimo che ha dato al nostro Paese e alla sua elevazione culturale nel passato prossimo. Per le grandissime potenzialità di credito che ancora possiede e, per quelle non minori, di poter dare ancora molto agli italiani nel futuro. Infine, perché no?, anche per ciò che sta dando in questa fase storica...

Parole chiave: Il Fatto di mons. Bruno Fasani (46)

Io voglio bene alla Rai. Per il moltissimo che ha dato al nostro Paese e alla sua elevazione culturale nel passato prossimo. Per le grandissime potenzialità di credito che ancora possiede e, per quelle non minori, di poter dare ancora molto agli italiani nel futuro. Infine, perché no?, anche per ciò che sta dando in questa fase storica. Non lo so quantificare, anche se qualche volta si ha l’impressione che la volontà di rinnovamento stia ancora girando alla rotonda in cerca di una destinazione.
Certi programmi lasciano l’amaro in bocca per i meccanismi sempre identici nella loro ripetitività, spazi troppo popolati di banalità e volgarità, dibattiti rissosi che scatenano gli umori e i muscoli più che le intelligenze, un indulgere morboso sulla cronaca nera e sul negativo, a fronte di un’Italia che avrebbe molte cose belle da raccontare... A questo va aggiunto il perpetuarsi degli stessi personaggi preposti alla conduzione. Quasi una dinastia ereditaria, sulle cui poltrone persistono sani e immarcescibili déja vu. Insomma una Rai che avrebbe bisogno di un po’ di citrato o, vista dal Veneto, di qualche salutare iniezione di Prosecco o di Lugana alle bollicine. Campo Dall’Orto, neo direttore generale, sembra mosso dalle migliori intenzioni ma, stando agli esiti, pare che il grande carrozzone Rai in versione Diesel stia dando qualche colpo di tosse, più che muoversi con il ritmo di una marcia lanciata.
Sempre che il colpo di tosse non sia segnale di qualche malattia respiratoria. La diretta da Matera del 31 dicembre sembrerebbe orientare in questa direzione. L’annuncio del nuovo anno, quaranta secondi prima dello scadere della mezzanotte, e una bestemmia passata in diretta da un messaggio in sovrimpressione sono scivoloni che domandano qualche riflessione.
Sbagliare si può e anche la Rai ha diritto di sbagliare. Purché si ammetta di aver sbagliato. Il fatto che Carlo Freccero, consigliere Rai in conto al M5S, sostenga che tutto dipende dalla «voglia di occupazione del Vaticano», non fa onore alla sua sbandierata intelligenza e soprattutto non gli consente di dimostrare di voler il bene della televisione di Stato. Se sbracare e far cilecca è la condizione per essere liberi da presunti condizionamenti clericali, che vede solo lui, tanto meglio mandare a dire a Renzi che il canone Rai se lo procuri con le pesche di beneficenza, come si fa nelle parrocchie per appianare i bilanci. Tanto, poi, i programmi se li gode solo Freccero.
Molto più semplice sarebbe dire con umiltà che si è sbagliato e che anche gli sbagli sono lezioni di vita. Sorridendo potremmo suggerire alla Rai di dotarsi di qualche orologio della Oregon, di quelli che ti spaccano il secondo, ricevendo via radio l’impulso per  essere esatti come quelli svizzeri. Almeno così si diceva un tempo. Solo che la questione realisticamente non è di orologi.
Con la scusa di arrivare primi evitando d’essere bruciati dalla concorrenza, ormai i programmi partono tutti in anticipo. Solo che annunciare l’arrivo del nuovo anno quaranta secondi prima del count down, non è vincere sui rivali. Dalle mie parti si dice che è fare solo la figura dei cotechini.
Più complesso il discorso degli sms in diretta, dove ci è scappata la bestemmia. Purtroppo il digitale ha di suo una rapidità che spesso non consente controlli tempestivi. Tanto varrebbe evitare di farli passare. Non cambierebbe nulla se la qualità del programma fosse effettivamente coinvolgente.
Credere di acquisire audience permettendo alla gente di “scarabocchiare” i muri, non è lungimiranza comunicativa, ma solo incrementare l’indice di inciviltà.

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