Condiscepoli di Agostino
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Dio creatore fonte di ogni bene per l’uomo

Agostino ha intessuto il suo dialogo orante con Dio non solo nei primi nove libri delle Confessioni, ma lo ha continuato anche nei quattro successivi, nei quali tratta di argomenti di natura filosofica, come la creazione, la memoria e il tempo...

Agostino ha intessuto il suo dialogo orante con Dio non solo nei primi nove libri delle Confessioni, ma lo ha continuato anche nei quattro successivi, nei quali tratta di argomenti di natura filosofica, come la creazione, la memoria e il tempo.
Egli esprime la consapevolezza che tutto il suo essere è dono di Dio Creatore: “I miei beni sono opere tue e doni tuoi; i miei mali sono miei peccati e tue condanne”. E ribadisce il pensiero grato di sentire accanto a sé la presenza stabile e paterna di Dio: “La mia infermità a Te è nota. Sono un fanciullo ma vive sempre mio Padre e il mio tutore è adatto a me; è il medesimo che mi ha generato e che mi protegge e Tu stesso sei tutti i miei beni, Tu Onnipotente, che sei con me anche prima che io sia con Te”.
Agostino non riesce a trattenere il suo slancio di amore a Dio dal profondo del suo animo, come in un ineffabile abbraccio: “Signore, amo Te con una coscienza non dubbia ma certa. Che cosa però amo quando amo Te? Non la bellezza del corpo… non queste cose io amo quando amo il mio Dio. E tuttavia amo una certa luce, una certa voce e un certo profumo e un certo cibo e un certo amplesso, quando amo il mio Dio; amo la luce, la voce, il profumo, il cibo, l’amplesso del mio uomo interiore; lì dell’anima mia rifulge ciò che un luogo non è in grado di contenere; lì risuona una voce che il tempo non è in grado di rapire; lì olezza ciò che il vento non disperde; lì mantiene il suo sapore ciò che la voracità non riesce a diminuire; lì è abbarbicato ciò (l’amplesso spirituale) che la sazietà non divelle. Questo è ciò che amo quando amo il mio Dio”.
Agostino è convinto che ogni creatura rimanda al suo Creatore e che nessuna creatura ha il diritto di sostituirsi al Creatore, argomentando in modo efficace anche per l’uomo di oggi alquanto scettico nel considerare la creazione come via a Dio: “Interrogai la terra e disse: «Non sono io (Dio)»… Ho interrogato il mare e l’abisso e mi risposero: «Non siamo noi il tuo Dio; cerca sopra di noi»… Interrogai il cielo, il sole, la luna, le stelle: «Nemmeno noi siamo il Dio che tu cerchi», ribattono. E dissi a tutte queste realtà che stanno tutt’intorno fuori del mio corpo: «Ditemi qualche cosa del mio Dio, che voi non siete, ditemi qualche cosa di lui!». A gran voce esclamarono: «È proprio lui che ha fatto noi». La mia interrogazione (esprimeva) il mio pensiero; la loro risposta sta nella loro bellezza. Mi sono indirizzato a me stesso e mi dissi: «Tu, chi sei?». E risposi a me stesso: «Un uomo». Ed ecco ho a mia portata di mano un corpo e un’anima; una realtà è più esteriore, l’altra più interiore… Ma migliore è la realtà interiore… L’uomo interiore ha conosciuto tutte queste realtà mediante il servizio dell’uomo esteriore; il mio io interiore ha conosciuto queste realtà, io, io, nella mia dimensione di anima, per mezzo del senso del mio corpo. Sul mio Dio ho interrogato l’immensità del cosmo e mi ha risposto: «Non sono io (il tuo Dio), ma è proprio lui che ha creato me’”.
Agostino si ripropone l’interrogativo già messo a fuoco, tanto gli stava a cuore: “Che cosa pertanto amo quando amo il mio Dio?”. Intuisce che Dio trascende l’universo. E riconosce che trascende anche la sua stessa anima. Pertanto lo ricerca oltre: “Chi è Colui che sta sopra il capo della mia anima? Per mezzo della mia stessa anima ascenderò fino a Lui. Oltrepasserò la mia forza per cui sono abbarbicato al corpo… tutte queste operazioni che io faccio per mezzo di queste facoltà (occhio, orecchio…), le faccio da solo, io, nella dimensione del mio essere anima. Oltrepasserò persino questa mia forza”.

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