Editoriale
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Una preghiera di umiltà

Ogni anno in autunno, con la fine della stagione dei raccolti, è tradizione, soprattutto nelle comunità agricole, celebrare la Festa del ringraziamento...

Parole chiave: Editoriale (380)

Ogni anno in autunno, con la fine della stagione dei raccolti, è tradizione, soprattutto nelle comunità agricole, celebrare la Festa del ringraziamento. Così nelle parrocchie e nelle diocesi le liturgie si riempiono dei colori e dei profumi dei frutti della terra e i fedeli esprimono la gratitudine verso il Signore che fa brillare il sole e fa cadere la pioggia su tutti, portando in processione i simboli dell’abbondanza della Provvidenza divina.
Quest’anno, se non cambia qualcosa nell’andamento climatico, ci sarà poco per cui ringraziare. La siccità che imperversa da mesi sta mettendo in ginocchio le colture e vanificando il lavoro di tantissimi contadini. Il livello di fiumi e laghi è sempre più basso, le temperature sono costantemente fuori dalla norma e non accennano a diminuire, le piogge un miraggio… Ecco perché in tantissime parrocchie si è incominciato a pregare per chiedere il dono della pioggia.
Alcuni potrebbero pensare che queste preghiere, pur non facendo mai male – come si dice –, non serviranno a molto perché non sono uno strumento “scientifico”, ma un semplice atto con il quale superstiziosamente ci si illude che un intervento divino supplisca alle nostre mancanze. Liberi di pensare come vogliono, ma la preghiera ha un significato molto diverso perché ci ricorda innanzitutto che è giunto il momento di operare una conversione nel modo di intervenire sul territorio nel quale ci troviamo. Ci ricorda che l’uomo ha a disposizione molti strumenti per migliorare l’ambiente e la qualità della vita, ma non è il padrone della Terra: ad essa infatti appartiene insieme a tutti gli altri esseri viventi ed essa è dono e deve rimanere disponibile per tutti. Infine la preghiera, con la quale la tradizione cristiana accompagna il ritmo delle stagioni, si fa richiesta umile di aiuto con la fede semplice dei bambini e accompagna l’impegno concreto ad abitare la Terra come chi coltiva il giardino piantato da Dio in Eden.
Per l’occasione viene riproposta una formula che pronunciò san Paolo VI durante l’Angelus del 4 luglio 1976.La tutela del creato «non è una moda – ci ricorda il Papa –: è una responsabilità perché il futuro della Terra è nelle nostre mani e con le nostre decisioni». Che il Signore ascolti le nostre preghiere e sostenga il nostro impegno.

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