Editoriale
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Se la solidarietà annega nel populismo

Che le cose relative alla questione degli sbarchi di immigrati sarebbero cambiate con la nuova compagine governativa Lega-Movimento 5 Stelle era evidente. E non si è dovuto attendere molto perché il ministro dell’Interno e vicepremier Salvini ordinasse la chiusura dei porti alle imbarcazioni delle organizzazioni non governative straniere...

Parole chiave: Editoriale (403), Aquarius (2), Immigrati (12), Salvini (3)

Che le cose relative alla questione degli sbarchi di immigrati sarebbero cambiate con la nuova compagine governativa Lega-Movimento 5 Stelle era evidente. E non si è dovuto attendere molto perché il ministro dell’Interno e vicepremier Salvini ordinasse la chiusura dei porti alle imbarcazioni delle organizzazioni non governative straniere, impedendo così alla nave Aquarius con il suo carico di 629 persone migranti (tra le quali 123 minori non accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte) di attraccare sulla nostra costa. Costringendola a fare rotta verso Valencia, grazie al sì del neopremier spagnolo, il socialista Sánchez.
«Alzare garbatamente la voce paga», ha affermato compiaciuto il leader leghista dal palco di via Bellerio. Una vittoria sull’Europa che lascia l’Italia da sola nell’accoglienza, come recita il solito refrain di questa campagna elettorale permanente. C’è indubbiamente del vero, come ha ammesso anche Angela Merkel, una che in Europa conta pur qualcosa, ma le battaglie dure, battendo i pugni sul tavolo se e quando serve, si fanno nelle sedi istituzionali opportune, non sulla pelle di 629 persone stipate su una nave in mezzo al mare, raccolte anche da motovedette della Guardia costiera italiana e poi trasbordate sull’imbarcazione di Medici senza frontiere e Sos Mediterranée.
Si è ben compreso che le ong all’oggettivamente poco vice e molto premier Salvini stanno simpatiche come la sabbia (stavo per scrivere: la malta) tra i denti, secondo una propaganda diffusasi in questi anni anche grazie a certa stampa che le accusa di favorire l’immigrazione clandestina e di essere dei taxi del mare o dei vicescafisti, ignorando l’opera di assistenza davvero encomiabile che compiono ogni giorno tra mille difficoltà in un Mediterraneo diventato sempre più un cimitero di disperati.
Ma saremo pronti a suonare le campane dopo l’annunciato viaggio in Libia del leader leghista. Riuscirà a ricompattare un Paese allo sbando, a bloccare il flusso di immigrati, convincendoli a ritornare alle loro case con l’altro ritornello “Aiutiamoli a casa loro”? Molto più facile a dirsi che a farsi.
Di maggiore coesione e compartecipazione all’insegna di quella solidarietà che trova la fonte sorgiva nelle proprie misconosciute radici ebraico-cristiane ha bisogno oggi l’Europa, non di sparate populiste e di accuse gratuite da parte di chi (vedi la Francia) dovrebbe solo osservare un pietoso e mesto silenzio.

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