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L’Italia del malfatto tra vittime, disagi e soldi sprecati

Realizzare un’infrastruttura pubblica non è come fare una torta, nella quale se ci metti un po’ più di farina o poco burro verrà meno buona, ma al limite, se non la intingi nel caffelatte a colazione o la trasformi con qualche altro ingrediente in qualcosa di più gradevole, la butti via o la dai alle galline. Così pure se non controlli il tempo di cottura nel forno ne uscirà bruciacchiata...

Realizzare un’infrastruttura pubblica non è come fare una torta, nella quale se ci metti un po’ più di farina o poco burro verrà meno buona, ma al limite, se non la intingi nel caffelatte a colazione o la trasformi con qualche altro ingrediente in qualcosa di più gradevole, la butti via o la dai alle galline. Così pure se non controlli il tempo di cottura nel forno ne uscirà bruciacchiata. Sai che danno! Basta togliere la parte maggiormente scurita e diventa commestibile. Ma se costruisci un’arteria autostradale con i piloni del viadotto che poggiano su un terreno franoso non analizzato accuratamente in precedenza e quindi cedono e la carreggiata si spezza o spendi due milioni per ristrutturare una scuola e dopo cento giorni vien giù il soffitto in un’aula, c’è solo da ringraziare il Cielo che non ci sia scappato il morto! E così è avvenuto. Ma a destare preoccupazione e allarme è il fatto che nel nostro Paese già fragile di suo, da troppo tempo ci si mette anche l’uomo a costruire opere non a regola d’arte o, per essere più espliciti, a lavorare con le terga. E qui non c’entrano le catastrofi naturali, le avverse condizioni atmosferiche, i cambiamenti climatici. Qui contano l’imperizia, il materiale scadente, i collaudi solo virtuali o fatti con gli occhi chiusi, le mazzette a questo e a quello, i mancati controlli, gli infiniti corsi e ricorsi ai Tar… E così, per esempio, non c’è da meravigliarsi se periodicamente si verificano perdite d’acqua in una galleria a causa di una (volutamente?) inadeguata impermeabilizzazione. In questo modo l’impresa x [leggi: ics] può intervenire e continuare a lavorare. Ma si potrebbero indicare altri elementi negativi come la separazione tra la fase di progettazione e quella di realizzazione, per non parlare del sistema degli appalti al massimo ribasso inesistente in altri Paesi e che alla fine comporta un lievitare incredibile dei costi. E hai voglia poi a far sentire il solito ritornello: chi ha sbagliato, deve pagare! Nel frattempo a rimetterci sono gli utenti: dai bambini di Ostuni ancora costretti fuori dalla loro scuola riaperta tre mesi fa dopo quattro anni di restauri, agli automobilisti che oggi per andare da Palermo a Catania devono impiegare mezza giornata. Emblema i primi di una scuola che anziché essere un luogo sicuro di educazione e di crescita, in quattro casi su dieci è oggetto di una manutenzione mediocre e nel solo 2014 ha contato oltre 750 tra crolli e cedimenti di varia natura nel nostro Paese. Il piano per la messa in sicurezza degli edifici scolastici è stata una delle priorità di Renzi che pure nei primi tempi alla guida del governo aveva visitato alcune scuole… col favore di giornalisti e telecamere. Certo, non basta un anno per cambiare le cose in un Paese da troppo tempo privo di una vision sulle infrastrutture, dove il leitmotiv è sempre quello di tagliare sui costi e, al limite, di intervenire con dei rattoppi. Ma come cittadini abbiamo tutto il diritto – viste le tasse che paghiamo – di augurarci un futuro migliore. Con meno magnarìe e tutti i lavori ben fatti.

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