Editoriale
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Il domani virtuale l’oggi reale

Quando sperimento la praticità dei dispositivi che ci aiutano ad organizzare la vita quotidiana e gli spostamenti, penso all’impatto emotivo che avrebbero sui nostri nonni, se potessero tornare per un istante in mezzo a noi...

Parole chiave: Editoriale (402), Stefano Origano (141)

Quando sperimento la praticità dei dispositivi che ci aiutano ad organizzare la vita quotidiana e gli spostamenti, penso all’impatto emotivo che avrebbero sui nostri nonni, se potessero tornare per un istante in mezzo a noi. Sentire la voce che ci indica dove svoltare in prossimità di un incrocio, accendere un elettrodomestico da remoto o con un comando vocale apparirebbe ai loro occhi come una magia o, più probabilmente, una diavoleria incomprensibile. Eppure anch’essi hanno avuto modo di vedere la televisione e di apprezzarne le indubbie potenzialità comunicative.
Noi, che siamo nati un secolo dopo, ma che comunque proveniamo dal secolo scorso, ci troviamo in una situazione analoga: abbiamo a disposizione strumenti che permettono nuove esperienze, ma quando sentiamo parlare di teorie fisiche che prevedono universi paralleli fuori dal nostro spazio-tempo (multiversi) o di realtà virtuali condivise tramite internet, dove ogni singola persona è rappresentata attraverso un ologramma, un avatar in 3D (metaversi), non sappiamo più dove siamo, se è autentico ciò che ci appare davanti agli occhi o se si tratta di una rappresentazione artificiale, stile Matrix, che però interagisce con noi realmente.
Le generazioni “native digitali” sapranno districarsi meglio di noi in questa “realtà aumentata”. Ma mentre l’evoluzione tecnologica apre nuovi orizzonti dove la grandi compagnie multinazionali stanno investendo enormi somme, intravedendo nuove frontiere speculative sull’imparare, lavorare, studiare, socializzare e divertirsi, siamo alle prese con una problema che riguarda il presente: si tratta di cosa ne facciamo di questo mondo “reale”. Sì, proprio quella pallina azzurra che gira nello spazio attorno al Sole, dove particolarissime condizioni (e il dito di Dio non è certamente estraneo) hanno permesso lo sviluppo della vita nostra e di tutti gli altri esseri viventi.
Se ne discute in questi giorni a Glasgow, dove si sono dati appuntamento i massimi rappresentanti del mondo per la Cop 26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che tenta di fissare gli obiettivi per limitare i danni dovuti all’innalzamento climatico del pianeta. Se non salviamo la nostra Terra, a cosa ci servirà indagare altri spazi e mondi virtuali? O forse ci trasferiremo tutti lì?

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