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Il Toniolo per aiutare a pensare

Di fronte alle nuove tecnologie convergenti, alla presenza pervasiva del web e all’internet delle “cose” che andranno a rimodellare le forme della conoscenza e (qualcuno auspica) della coscienza, diventa importante aiutare le persone a pensare non solo la fede ma a pensare tout court. Per credere è necessario pensare...

Parole chiave: Fondazione Toniolo (8), Presentazione (1), Editoriale (380), Renzo Beghini (62)

Di fronte alle nuove tecnologie convergenti, alla presenza pervasiva del web e all’internet delle “cose” che andranno a rimodellare le forme della conoscenza e (qualcuno auspica) della coscienza, diventa importante aiutare le persone a pensare non solo la fede ma a pensare tout court. Per credere è necessario pensare.
Quando si parla di pensiero, sembra che trattiamo di una cosa ovvia. Tutti crediamo di sapere che cosa significhi pensare: non è conoscere le cose che ci stanno attorno? Esplorare la realtà che trovo davanti a me, coglierla e comprenderla? Pensare non è forse entrare in possesso di ciò che mi circonda? Prendere, possedere, afferrare?
Il ’900 costruito su questo cogito, sul paradigma di conoscenza soggetto-oggetto ha prodotto equivoci, menzogne, manipolazioni che hanno annichilito la ragione e il pensare. E ha messo in crisi la ricerca e l’idea stessa di verità. Siamo passati dalla cultura organica e omogenea alla frammentazione, fino allo zapping. L’attuale clima culturale scoraggia la fatica del pensare a favore di modalità del conoscere che privilegiano la mediazione di immagini, emozioni e informazioni.
In un blog quello che dice il Nobel della medicina ha lo stesso valore di quello che dice l’ignorante. Recentemente un economista che si trovava a spiegare i rischi che il nostro Paese avrebbe corso per certe scelte di bilancio, si è sentito rispondere dal suo interlocutore: «Questa è solo la sua opinione». La conoscenza della verità ha assunto una “forma piatta”, quello della piattaforma appunto: siamo tutti sullo stesso piano. Attenzione perché il problema non è l’uguaglianza di diritto tra le persone ma la stessa idea che ci sia una/la verità. Ciò che vale non fa più riferimento alla conoscenza, alle competenze, alla verità delle cose. La piattaforma consente l’accesso a innumerevoli siti, tutti contemporanei, tutti presenti. Tutte opinioni. Ma se tutto vale, niente vale. La competenza non è più necessaria. È sufficiente essere connessi. Avere accesso alla rete. L’autorevolezza di studio, di conoscenze e di competenze non è più riconosciuta. La verità non interessa. Tutto diventa opinione. È sufficiente l’approssimazione, la correlazione. «Basta che funzioni», direbbe Woody Allen. È la ragione moderna, mio caro.
La Bibbia narra di una ragione diversa. La realtà, le persone e le loro storie non mi si presentano come un “oggetto” da conoscere, afferrare e possedere. Per la Bibbia la creazione non è mai “res”, una “cosa” silente e manipolabile. È un soggetto. Parla. È vivente che, raccontando di sé, rimanda ad Altro, parla del Creatore. Per questo il criterio e l’approccio alla realtà e alla verità nella Bibbia è l’ascolto. C’è una sostanziale differenza fra l’approccio biblico e quello greco. Se il mondo greco e filosofico moderno prediligono il vedere per cui la conoscenza è attività degli occhi, è rimuovere il velo, rendere manifesto ciò che è nascosto, nel mondo biblico la verità si concede all’orecchio. Nella Bibbia la conoscenza avviene attraverso l’ascoltare, non il vedere. Mosè “vede” il roveto ardere ma “ascolta” la voce di Dio. L’ascolto è un esercizio più complesso, impegnativo e compromettente. «Ascolta Israele», recita la professione di fede biblica. E l’ascolto è far memoria: «Ricordati dei tuoi servi ai quali hai giurato per te stesso».
Il card. J.H. Newman diceva: «È venuto il tempo in cui i cattolici che vivono di fede, per essere tali, devono difendere la ragione». La Fondazione Toniolo vuole essere questo luogo di ascolto delle buone ragioni dell’umano.

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