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Guerre, libertà e democrazia

Sono passati quasi 77 anni dalla conclusione della Seconda Guerra mondiale: mai in Europa un periodo di pace così lungo. Oltre confine non sono mancati momenti di grande tensione...

Parole chiave: Editoriale (380), Stefano Origano (141)

Sono passati quasi 77 anni dalla conclusione della Seconda Guerra mondiale: mai in Europa un periodo di pace così lungo. Oltre confine non sono mancati momenti di grande tensione fino al limite di un ennesimo conflitto globale e in questo lasso di tempo quasi non si contano i conflitti locali e le guerre “regionali” che hanno prodotto i loro effetti disastrosi in loco e causato conseguenze negative sull’intero equilibrio mondiale. Oggi siamo ancora una volta di fronte ad una svolta sfidante: il gigante russo, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, si è risvegliato e vuole far sentire il suo peso e l’egemonia che sembravano sopiti. C’è poi il dragone rampante della Cina che non intende essere secondo a nessuno nello scacchiere geopolitico mondiale. E tornano a soffiare venti di guerra ai confini dell’Europa che si era convinta troppo in fretta di essere immune in quanto politicamente più evoluta e raffinata, ma che dipende tempre più dai nuovi padroni del mondo.
La ripresa nel secondo Dopoguerra, che nel nostro Paese ha assunto non a caso la lusinghiera denominazione di “miracolo economico”, ha affondato le sue radici sul terreno di un ideale di democrazia e di libertà maturati dopo un lungo e faticoso percorso di incubazione. Altri miracoli economici recenti si poggiano su basi completamente diverse. Noi siamo convinti che il sistema democratico, sempre perfettibile, sia il migliore, sia connaturale all’uomo e quindi valido ovunque. Ma non è così perché non è sufficiente conquistare la democrazia, e già questo è costato un sacrificio immane di vite, ma poi bisogna conservarla, alimentarla, difenderla, farla crescere… Anche qui, dove ci si vanta di essere la culla di questa forma di civiltà matura e responsabile, la democrazia deve fare i conti con la globalizzazione che la pone in minoranza e la mette alla prova con sempre nuove insidie.
Non è scontata, non è per nulla “naturale”, non è nemmeno considerata la via migliore per progredire nella maggior parte del pianeta. E dove c’è, è minacciata. Non diamola mai come acquisita per sempre e non illudiamoci di imporla a chi la disdegna. Se è vincente, come siamo convinti che sia, difendiamola qui dalla superficialità e dai tarli dell’individualismo; soprattutto non barattiamola con un piatto di lenticchie.

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