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Amori malati che finiscono in tragedia

Non manca giorno in cui, o in apertura di un notiziario se il fatto è più eclatante o in chiusura se presenta risvolti meno “notiziabili”, ci venga riferito di quel male quasi incurabile che si chiama “mal d’amore” e che purtroppo sovente va a finire in tragedia...

Parole chiave: Amori (23), Editoriale (380), Stefano Origano (141), Delitto Passionale (1)

Non manca giorno in cui, o in apertura di un notiziario se il fatto è più eclatante o in chiusura se presenta risvolti meno “notiziabili”, ci venga riferito di quel male quasi incurabile che si chiama “mal d’amore” e che purtroppo sovente va a finire in tragedia. Nella letteratura classica la fine drammatica di questi amori consisteva nel soggetto che deluso per l’impossibilità di portare a compimento il sentimento amoroso si toglieva la vita. Da un po’ di tempo non è più così: la decisione di farla finita non si rivolge più verso di sé, ma contro il partner, prevalentemente la donna, con modalità sempre più violente.
Sia ben chiaro, il famoso “delitto passionale” c’è sempre stato, ma la frequenza e la crudeltà con cui si ripete oggi merita una riflessione adeguata per capire le motivazioni dichiarate e nascoste che spingono a distruggere l’oggetto del proprio amore.
Tra l’altro, se chi è preda di un raptus di gelosia fa a pezzi la fidanzata, magari dopo averla trascinata in un bosco e averla bruciata, allora la notizia diventa oggetto di interminabili dibattiti e analisi, ricostruzioni fin nei minimi dettagli e contributi di esperti della mente e dei fenomeni sociali, se invece semplicemente la fa fuori con un colpo di pistola ecco che tutto scivola nella normalità della cronaca nera da taglio basso. La violenza, in tutti i suoi risvolti, sembra essere il carburante principale che alimenta la vita sociale e ha in più il potere di diventare l’incubatoio di altra violenza mediante l’emulazione. La cosa che sconcerta è che in genere queste vicende che si concludono in modo letale sono originate da fatti veramente risibili, che tramite un processo di autoalimentazione diventano talmente distorti e ingigantiti da concludersi con l’esito drammatico. Si perde il controllo anche per un banale disaccordo e non si trova più il limite per le proprie reazioni.
Ci si domanda anche come mai questi amori malati gravino soprattutto dalla parte delle donne. Forse perché nonostante i profondi cambiamenti culturali e sociali della modernità non si è ancora superata la fase primordiale in cui l’affermazione della virilità si esprimeva mediante il possesso e la supremazia sulla donna. Quando l’altro non è più un soggetto con cui instaurare una relazione ma diventa un oggetto per soddisfare i propri bisogni, si rompe un equilibrio delicato e fondamentale con conseguente distruzione prima del partner e poi di se stessi.

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