Editoriale di Mons. Zenti
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Ma famiglia è solo quella doc

Pare che la crisi della famiglia nata dal matrimonio giuridicamente sancito sia entrata nella sua fase di irreversibilità. La cultura dominante la dà per spacciata. Proprio nella sua forma “tradizionale”. Al suo posto fa spazio invece, come un diritto indiscutibile, alla famiglia “allargata”, al matrimonio-famiglia gay, alle unioni iscritte nei “Registri delle famiglie anagrafiche” (al massimo si definiscano “Registri delle unioni anagrafiche”). In realtà, la famiglia è realtà doc.

Parole chiave: Famiglia (55), Mons. Giuseppe Zenti (325), Vescovo (386), Editoriale (402)

Pare che la crisi della famiglia nata dal matrimonio giuridicamente sancito sia entrata nella sua fase di irreversibilità. La cultura dominante la dà per spacciata. Proprio nella sua forma “tradizionale”. Al suo posto fa spazio invece, come un diritto indiscutibile, alla famiglia “allargata”, al matrimonio-famiglia gay, alle unioni iscritte nei “Registri delle famiglie anagrafiche” (al massimo si definiscano “Registri delle unioni anagrafiche”). In realtà, la famiglia è realtà doc. Ha cioè una sua identità non omologabile, costituita come è da un patto, libero e responsabile, di amore fedele tra un maschio e una femmina; sancito a livello giuridico dalla società che si impegna a fornirla delle risorse di cui ha bisogno, mentre la società stessa riceve impulso sano dalla famiglia, a partire dalla prole che della società è la garanzia di continuità e di prospero futuro. Non se ne abbia a male qualcuno, se affermo che una società doc, a civiltà avanzata, è costituita da famiglie doc. Ne motivo le ragioni principali. Benché praticamente nessuna famiglia doc sia esente da limiti e problematiche anche relazionali, essa è però ciò di cui un uomo e una donna hanno bisogno per essere se stessi, in quanto un coniuge può contare sull’altro per un progetto di vita, fondato sulla incondizionata fiducia reciproca. Fondamento, questo, di una società coesa. E una seconda ragione: il bene essere dei figli! Un figlio, che ha la sorte di crescere in una famiglia doc, conserva stretti e inalienabili i due vincoli di affetto più corroboranti: quello della madre e quello del padre, tra loro convergenti proprio nell’offrirgli il nido caldo e sicuro. Nelle famiglie doc, salvo rare eccezioni, i figli crescono sereni. Di fatto possono aprirsi alla confidenza e al dialogo non appena il vivere si presenta carico di problematicità. Chi più di un papà e di una mamma, tra loro fedelmente uniti, può essere per i figli la vera scuola di vita? Lo possono dire pediatri, psicologi e psichiatri, specialmente quando sono chiamati a prendersi cura di figli alla deriva. Se tali famiglie, e tante che non aspettano se non di essere messe nelle condizioni di esserlo, fossero considerate un potenziale di incalcolabile valore e perciò sostenute adeguatamente da una politica lungimirante, sarebbero in grado di dare il giusto colpo al volano persino dell’economia, oggi fortemente in affanno. Una famiglia doc vive per i suoi membri. Costi quello che costi. Sarebbe la vera salvezza dell’Italia. Rinforzare la famiglia è garanzia di futuro. Di conseguenza, una società che si fa carico del suo futuro di senso è chiamata a mettere le famiglie nella condizione di essere il meglio di sé e di implementare ogni attenzione perché le giovani generazioni si “innamorino” della famiglia. Di una propria famiglia. Doc. Aprire il valore famiglia, senza aggettivazioni, alle incursioni di ciò che ha solo l’apparenza di famiglia, sarebbe iniettare un virus letale nel cuore della società. Smascherarne le insidie, e non assecondarne le pretese, è dovere di chiunque ha forte il senso del bene comune.

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