I frutti dello Spirito
Benché non siano esplicitati dal Catechismo della Chiesa Cattolica, i frutti dello Spirito appartengono alla rivelazione. Per essere più precisi, dobbiamo dire che i frutti dello Spirito sono considerati in unità, come fossero uno solo. Tant’è che l’apostolo Paolo nella lettera ai Galati, nella quale ne segnala ben nove su dodici, così si esprime: “Frutto dello Spirito è” (Gal 5,22) e poi li specifica in “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Sono dunque un grappolo di frutti doc, in funzione della crescita dei quali in noi, lo Spirito ci arricchisce dei suoi doni.
Benché non siano esplicitati dal Catechismo della Chiesa Cattolica, i frutti dello Spirito appartengono alla rivelazione. Per essere più precisi, dobbiamo dire che i frutti dello Spirito sono considerati in unità, come fossero uno solo. Tant’è che l’apostolo Paolo nella lettera ai Galati, nella quale ne segnala ben nove su dodici, così si esprime: “Frutto dello Spirito è” (Gal 5,22) e poi li specifica in “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Sono dunque un grappolo di frutti doc, in funzione della crescita dei quali in noi, lo Spirito ci arricchisce dei suoi doni. Potremmo anche affermare che questo frutto dello Spirito, specificato in nove frutti, o dodici come preciseremo, ci tracciano l’identikit di una “bella persona”, davvero riuscita e, perciò, gradita a Dio. In definitiva, identikit di un cristiano doc.
Per cenni rapidissimi ne focalizziamo il senso. I primi tre: “amore, gioia e pace”. Sono le prime qualità che lo Spirito Santo fa maturare in chi ne accoglie i doni. È noto che lo Spirito è l’Amore del Padre e del Figlio. Il frutto dell’amore è la partecipazione al suo essere Amore, amore assoluto, incondizionato, puro donarsi. Da questo frutto dell’amore consegue la gioia, che ne segnala la presenza, e la pace nel cuore che rivela un rapporto positivo e liberante nei confronti di Dio, del prossimo e della natura.
Altre tre qualità-frutti: “pazienza, benevolenza e bontà”. La pazienza contiene in sé altre due qualità: la sopportazione delle fatiche e delle prove del presente, e la longanimità, cioè la capacità di gettare il proprio sguardo oltre il presente per intravvedervi i frutti maturati a suo tempo nella fatica. La benevolenza non è l’equivalente del volersi bene, magari equivocato; vuol dire, etimologicamente, volere il bene della persona amata, anche se ciò costasse rinunce e privazioni. La bontà sta ad indicare principalmente la capacità di mettere a proprio agio le persone che si incontrano e di soccorrerle nel momento del bisogno.
Le altre tre segnate dalla lettera ai Galati: “fedeltà, mitezza e dominio di sé”. Il frutto della fedeltà richiama la presenza della fedeltà di Dio in noi, cioè la capacità di mantenere fede alla parola data nell’atto di stipulare un accordo, una alleanza. La mitezza, di cui Cristo ha dato esemplare testimonianza quando disse: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29), evidenzia la capacità di prendere tutto e tutti dal verso giusto, evitando ad ogni costo conflittualità, aggressività, bracci di ferro. E il dominio di sé sta a ricordare la capacità di saper governare il nostro carattere, rendendolo sempre più conforme ai desideri di Dio.
Tuttavia, a questi nove frutti dello Spirito segnalati dalla lettera ai Galati, la Sacra Scrittura del Nuovo Testamento, in numerose pagine, ce ne indica altri tre: “moderazione, castità e umiltà”. La moderazione è la capacità di usare di tutto senza abusare di nulla; saper ad esempio usare internet senza abusarne. La castità è la capacità di mettere argini robusti al torrente magmatico ed impetuoso dei nostri sentimenti, in particolare al sentimento dell’affetto, che tendono a trasbordare con effetti di devastazione. Infine l’umiltà. Il fior fiore dei frutti dello Spirito, come emanazione più matura dell’Amore in noi. Umile è chi ha forte il senso della responsabilità nei confronti dei doni-talenti ricevuti da Dio e, di conseguenza, il senso della gratuità e il bisogno della lode a Dio, proprio come è accaduto a Maria, la donna che, nella assoluta docilità allo Spirito, ha realizzato in sé al massimo grado “una bella persona”, al punto che la Chiesa non esita a definirla “tota pulchra”, tutta bellezza.