Agostino assetato di Parola di Dio
Dopo aver scrutato il libro decimo delle Confessioni, imperniato sostanzialmente sulle potenzialità della memoria umana, penetriamo nei segreti del libro undicesimo, imperniato sulla trattazione del tema della creazione, dell’eternità e del tempo. Un libro affascinante, stimolo alla riflessione, aiutati dalla mente speculativa del genio di Agostino.
Dopo aver scrutato il libro decimo delle Confessioni, imperniato sostanzialmente sulle potenzialità della memoria umana, penetriamo nei segreti del libro undicesimo, imperniato sulla trattazione del tema della creazione, dell’eternità e del tempo. Un libro affascinante, stimolo alla riflessione, aiutati dalla mente speculativa del genio di Agostino.
Prima però di entrare nei penetrali delle argomentazioni, Agostino si interroga ancora una volta sulle ragioni che lo hanno indotto a scrivere le Confessioni. Due fondamentalmente: il bisogno di rendere grazie a Dio e l’opportunità di sollecitare quanti come lui vivono il travaglio di una vita di peccato a confidare nella misericordia di Dio: “Perché espongo a Te con ordine tanti racconti degli eventi accaduti? Non certo perché Tu possa conoscerli attraverso di me. Eccito io invece il mio affetto nei tuoi riguardi e quello di quanti leggono queste pagine, perché abbiamo a dire insieme: «Grande è il Signore e da lodare molto». L’ho già detto e lo dirò: per amore del tuo amore faccio questo... Ecco ho narrato a Te molte delle cose che ho potuto e voluto, poiché Tu per primo hai voluto che io mi confessassi a Te”.
Agostino, però, non intende narrare le meraviglie che Dio nella sua misericordia ha compiuto in lui, ma sente il bisogno di esplorare l’intero patrimonio di verità contenuto nella sacra Scrittura, di cui è diventato un eccezionale e appassionato conoscitore. Egli infatti si era assunto il compito di pastore di predicare la Parola di Dio perché diventasse parametro di vita morale dei suoi fedeli. Di conseguenza, egli per primo sentiva forte il desiderio di meditare la legge di Dio: “Ma quando mai sarò capace di raccontare in maniera compiuta con la lingua della penna tutte le tue esortazioni e tutte le tue minacce, le consolazioni e le direttive con le quali mi hai portato a predicare la tua parola e a dispensare il tuo sacramento al tuo popolo? E se anche potessi avere la capacità di esporre queste cose con ordine, mi costerebbero ben care le stille di tempo richieste! Da molto tempo io ardo di desiderio di meditare sulla tua legge e di confessare a Te quello che di essa conosco e quello che ignoro, i primordi della tua illuminazione”.
Agostino manifesta il tormento interiore di essere privato del tempo da dedicare ampiamente alla lettura e allo studio della Parola di Dio, per farne dono poi ai fedeli. In ogni caso, se lo strappa il tempo. Almeno a frammenti: “E voglio che le ore, che trovo libere dalle necessità di rifocillare il corpo e di applicarmi nell’animo e di dedicarmi al servizio pastorale, non scorrano in altre attività se non in quelle di cui siamo debitori agli uomini e in quelle di cui non siamo debitori e che tuttavia dedichiamo loro”.
Chiede pertanto il dono di ritagliarsi tempi adeguati e necessari non solo per leggere la Scrittura, ma soprattutto per poterla approfondire specialmente nei suoi tratti più complessi: “Concedimi uno spazio per le mie meditazioni sui segreti della tua legge e non chiudere a coloro che bussano. Non senza ragione infatti Tu hai voluto che venissero scritte pagine piene di misteri nascosti”. Di conseguenza, “a me che busso si aprano i significati profondi delle tue parole”. E conclude con una dolcissima richiesta a Dio che potrebbe qualificare le migliori preghiere di ogni battezzato, a maggior ragione di ogni consacrato e di ogni ordinato: “Le mie caste delizie siano le tue Scritture”. E dopo aver rilevato nella sua preghiera che la Scrittura, con i suoi misteri nascosti, è un dono grandissimo di Dio, chiede a Lui di dissetare il suo animo con la rugiada della Parola, come la rugiada nei confronti dell’erba: “Non abbandonare i tuoi doni, e non disprezzare la tua erba che ha sete (di Te)”.
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