Commento al Vangelo domenicale
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Una bella lezione impartita dai due figli

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Una bella lezione impartita dai due figli

Ha sempre avuto grande fortuna presso gli uomini di mondo l’affermazione di Gesù che i pubblicani e le prostitute avrebbero preceduto gli altri in Paradiso. È una frase che piace a quanti non sanno che farsene della morale e danno scarsa importanza alla fede o alla pratica religiosa, considerata roba da bigotti con poca cultura. A volte si sente citare la sentenza di Gesù con intenti differenti: ora per giustificare un comportamento personale o sociale non certo irreprensibile, e quindi per autoassolversi; ora per convincersi che c’è ancora una chance per guadagnare il Paradiso, pure dopo un’intera vita all’insegna della sregolatezza, condita con gli insani piaceri di questo mondo.
Tale affermazione si trova agganciata alla conclusione di una parabola tanto semplice quanto efficace, incentrata sulla contrapposizione tra due figli che rispondono in modo opposto all’invito del padre di lavorare nella sua vigna: il primo dice «sì» e l’altro «no». Poi concretamente è proprio il secondo che va a lavorare, a differenza del primo che si defila.
Nel primo figlio Gesù presenta la categoria delle persone che rispettano la legge solo formalmente e con una buona dose di ipocrisia, come i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo. Nell’altro figlio invece descrive la categoria di peccatori, capaci però di gesti generosi e disponibili a far sbocciare un fiore di amore nel deserto della loro esistenza impura. Gesù privilegia quello che in un primo tempo non dà retta al padre, ma poi ci ripensa e va a lavorare. Il suo merito è di aver obbedito.
La situazione concreta che ispira la parabola riguarda Gesù e la cruda esperienza del rifiuto ostinato degli osservanti della legge, mentre trova buona accoglienza negli esclusi della società: donne di strada, esattori fraudolenti di imposte e scomunicati dalla sinagoga. Costoro hanno accolto il suo annuncio, cambiando vita. Si tratta quindi di una parabola rivolta agli avversari di Gesù, indignati dalla sua proposta: Dio vuole avere a che fare anche con i peccatori. È narrata per quelli che si scandalizzano della familiarità con cui Gesù siede a tavola anche con i disprezzati.
La parabola coinvolge gli uditori, invitandoli a prendere posizione. Infatti essa inizia con una provocazione di Gesù: «Che ve ne pare?». E alla fine Egli chiede un giudizio: «Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Gli ascoltatori non hanno difficoltà a dare l’esatta risposta. In questo modo Gesù riesce a metterli con le spalle al muro, strappando ad essi un giudizio di autocondanna.
Il testo risuona come un invito a infrangere i luoghi comuni nel giudicare le persone. La misura del loro valore autentico è in ultima istanza solo nelle mani di Dio che invita a scommettere sulle segrete possibilità di ogni persona, anche se sembra immersa totalmente nel male. Ogni persona in verità contiene in sé la fiaccola dell’amore di Dio, anche quando pare offuscata dal peccato e agli occhi dei più sembra sul punto di spegnersi. Gesù non ha mai spento la fiaccola tremolante. Ha sempre aggiunto nuovo olio, perché potesse ritornare a far luce.
La parabola sembra replicarsi quando con le parole e con gli atteggiamenti ci si fa vedere e ascoltare da tutti come persone vicine a Dio, ma in realtà il cuore è lontano da Lui, molto più lontano del cuore di quanti vengono considerati reietti, eppure nel silenzio e nell’abnegazione operano per il regno di Dio. Meno parole, allora, e più fatti. Meno apparenza e maggiore concretezza. Meno facciata e più sostanza. Almeno con Dio, visto che a Lui non si può nascondere nulla.

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