Commento al Vangelo domenicale
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Non servi sottomessi ma autentici amici

Giovanni 15,9-17

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Parole chiave: VI Domenica di Pasqua (6), Commento al Vangelo (68)
Non servi sottomessi ma autentici amici

Il monaco cistercense e mistico sant’Aelredo di Rievaulx, vissuto in Inghilterra nel XII secolo, nel volume L’amicizia spirituale si sofferma sul valore dell’amicizia, un tema affrontato in precedenza anche da grandi autori, come Cicerone nel suo De amicitia. Sant’Aelredo scrive: “Non c’è nulla di più santo da desiderare, nulla di più utile da cercare, nulla più difficile da trovare, niente più dolce da provare, niente più fruttuoso da conservare dell’amicizia”. Egli parla dell’amicizia non in modo astratto, ma a partire da due esperienze-chiave della sua vita: il rapporto con Dio e il legame di amicizia con i suoi confratelli monaci con i quali vive tra le sacre e austere mura del monastero. Aelredo nel medesimo volume sostiene che l’amicizia l’ha imparata da Gesù stesso, guardando come Lui ha vissuto con le persone che incontrava e soprattutto con i suoi discepoli.
Nella cornice dell’ultima sera, Gesù, alla vigilia di ore di profonda amarezza e di grandi sofferenze, apre il segreto della sua coscienza ai suoi apostoli. Trasmette loro il testamento spirituale, in cui parla di amore e di amicizia. Questi sono i temi rilevanti del brano che oggi la liturgia ritaglia da quel testamento.
È ben presente anche al tempo di Gesù la differenza sostanziale tra servo e amico. Il servo deve eseguire alla lettera gli ordini del padrone senza discutere e deve sottomettersi alla sua volontà, sperando in un equo trattamento economico e augurandosi di non essere punito. Il servo non condivide quello che pensa o progetta il padrone: l’unico suo scopo è obbedire. L’amico, invece, non esegue ordini. Per l’amico si è pronti a tutto. Con l’amico ogni scala gerarchica, ogni ruolo e potere scompaiono. Per l’amico è tutto un donarsi alla pari, in una gara a chi dona di più, senza mai pretendere il tornaconto. L’amico confida sempre nell’amico e nel legame che li unisce, lo supporta nei suoi progetti e lo corregge se vede che sbaglia.
Nel contesto dell’ultimo pasto, Gesù precisa come ha sempre vissuto il rapporto con i Dodici: li ha trattati come amici e non certo come servi a lui sottomessi. Con loro ha vissuto un’amicizia vera, autentica, profonda, disinteressata, libera e liberante. Oltre agli apostoli, anche altri hanno gustato la sua dolce amicizia. Tra questi Lazzaro. Quando la notizia della sua morte arriva a Gesù, Egli – come ci racconta l’evangelista Giovanni – piange a dirotto. Un segno evidente che entrambi si volevano bene e che erano veri amici.
Così Gesù considera tutti i suoi discepoli. Per Lui sono tutti amici. E a tutti consegna la misura più alta dell’amore: «Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Dare la vita per gli amici diventa quindi il progetto per ciascun discepolo e diventa pure il progetto con il quale costruire la Chiesa.
Papa Francesco, che non manca di sottolineare il valore dell’amicizia con parole e gesti, ha dichiarato che l’amicizia vera non è una «relazione fugace e passeggera», ma un solido «rapporto di affetto che ci fa sentire uniti». La sua Lettera enciclica uscita lo scorso anno ha come titolo Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale. Il testo amplifica, come risulta già evidente nel titolo, i confini dell’amicizia, insistendo alquanto sulla necessità per i discepoli di Gesù di vivere l’amicizia anche nelle sue dimensioni sociali. Solo così si potrà arrivare ad una fraternità davvero universale.

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