Commento al Vangelo domenicale
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Il dono della vita eterna è frutto della comunione con Gesù già qui e ora

Giovanni 10,27-30

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Parole chiave: IV Domenica di Pasqua (8), Commento al Vangelo (70)
Il dono della vita eterna  è frutto della comunione con Gesù già qui e ora

I testi evangelici della IV domenica di Pasqua pongono sempre l’accento su Gesù come pastore. Nell’annata C il vangelo è costituito da quattro versetti appartenenti al capitolo decimo dell’opera di Giovanni, in cui viene riportata una discussione con alcuni giudei circa l’identità del Nazareno, la qualità e l’origine delle sue azioni.
L’immagine del pastore e delle pecore nella Scrittura ricorre più volte: il contesto pastorale-agricolo in cui è stata generata la Bibbia, infatti, permetteva una immediata comprensione delle realtà a cui tali figure fanno riferimento. Il pastore è colui che raccoglie e raduna le pecore, le guida facendo strada, talvolta cammina accanto a loro, conosce il suo gregge, lo cura e lo tutela in caso di necessità. Le pecore, dal canto loro, riconoscono la voce del pastore e si lasciano condurre nella certezza che lui non verrà meno al suo ruolo e le porterà in salvo. Al giorno d’oggi, forse, pensare a pastori e pecore risulta difficile perché non sono elementi che appartengono alla quotidianità di molti, ma le azioni che entrambi compiono continuano ad essere attuali e significative.
Dal testo di Giovanni balza agli occhi la correlazione tra Gesù pastore e il suo gregge: nessuno dei due può pensarsi da solo; la presenza dell’uno dà senso e ragione all’esistenza dell’altro. Il Nazareno è il pastore che ha costituito il gruppo delle sue pecore, che vive con loro e ci parla; i suoi discepoli sono quelli che riconoscono la voce del pastore, la ascoltano e non temono di spostarsi per seguirla, perché si fidano di essa. Il Maestro traccia la strada e parla, i discepoli ascoltano e seguono perché credono in chi li conduce e precede. Ascoltare e seguire sono le due azioni che connotano la vita dei discepoli di ogni tempo perché sono quelle che conducono a credere. Riporre la propria fiducia in qualcuno implica una relazione intensa, creata attraverso un legame profondo in cui ci si riconosce accolti, compresi e amati anche nelle proprie fragilità e incertezze. Ascoltare è ben di più di sentire: implica la capacità di mettere a tacere le inquietudini e la vanità dell’ego, per lasciare spazio alla Parola. Seguire non è un semplice andare dietro, ma significa rendere il proprio passo e la propria vita conformi a quelli di colui che si decide di imitare; seguire può anche risultare faticoso perché impone di appropriarsi di un ritmo che non sempre è confacente, obbliga a non correre o precedere chi traccia la strada e neppure ad indugiare troppo attardandosi lungo il cammino.
Ciò che l’ascolto e la sequela generano è una condivisione tale per cui Gesù afferma: «Io conosco le mie pecore». È una conoscenza dinamica, sempre in evoluzione, autentica, una conoscenza che conduce alla comunione, come quella tra il Padre e il Figlio. Il dono della vita eterna che il Nazareno riserva al suo gregge è, infatti, il frutto della comunione con Lui a partire da qui e ora. Tutti coloro che sono disposti a fidarsi, a riporre la propria esistenza nelle mani del Messia sanno che riceveranno questo regalo promesso. L’esortazione, volendo utilizzare una espressione che l’evangelista Giovanni ripeterà più volte al capitolo quindicesimo, è a rimanere nell’amore, nell’ascolto della Parola, nella fedeltà a Gesù, alla sua vita, alla sua volontà di accoglienza verso tutti.
La certezza che hanno coloro che credono nel Nazareno è di essere custoditi saldamente nelle sue mani e in quelle di Dio. Gesù ha costituito fin dall’inizio un gregge assolutamente diverso da ogni altro, fatto di persone molto differenti tra loro: alcune intelligenti, altre un po’ dure a comprendere, alcune gelose, altre miti, alcune facili all’ira, altre ancora modeste. Forti, deboli, prepotenti, timorosi, valorosi, anziani, giovani, pescatori, esattori delle tasse: tutti hanno composto il nucleo originario del gregge scelto da Gesù e ciascuno è stato un segno della presenza del Regno di Dio nella storia. Anche oggi, nella comunità dei cristiani c’è posto per chiunque sia disposto a riporre la sua fiducia nell’ascolto della Parola e nella strada tracciata da Gesù.

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