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Personaggi piatti per un’opera deludente

Ultras
(Italia, 2020)
Regia: Francesco Lettieri
Con: Aniello Arena, Ciro Nacca, Antonia Truppo
Durata: 100’

Parole chiave: Ultras (2), Cinema (103), Film (108)
Personaggi piatti per un’opera deludente

Pare non ci sia niente da fare, il cinema italiano, quando si occupa di tifosi di calcio, non produce mai opere convincenti. Ci aveva provato nel 1991 Ricky Tognazzi, con Ultrà, che parlava dei sostenitori della Roma.
Con un titolo quasi uguale, ci riprova Francesco Lettieri, con la sceneggiatura di Peppe Fiore, ma il risultato non è migliore.
Si racconta qui di un gruppo di supporters del Napoli, denominatisi Apache, capitanati dal cinquantenne Sandro (Aniello Arena), che ha preso sotto la sua ala protettrice il giovane Ciro Nacca, che assieme alla madre deve convivere col lutto di aver perso un fratello maggiore.
Se la prova per verificare che un racconto cinematografico (e non solo) sia buono sta nei processi di cambiamento, anche negativo, dei protagonisti, in questo caso il risultato è davvero scoraggiante.
Un film che si apre con un matrimonio e si conclude con un funerale descrive una serie di personaggi umanamente e psicologicamente piatti, che non spostano di un millimetro la loro esistenza (davvero misera) nemmeno di fronte agli avvenimenti più tragici.
Il fatto è ancora più imbarazzante se si considera che, per scelta narrativa che sarebbe stata anche di un qualche interesse, l’intero racconto è concentrato sul microcosmo dei tifosi napoletani, tanto che gli antagonisti, siano essi di squadre avversarie o appartenenti alle forze dell’ordine, non si vedono mai in volto.
Forse l’unico personaggio di cui si approfondisce un po’ la psicologia – l’unica che mostra qualche segno di umanità vera – è Terry (interpretata dall’ottima Antonia Truppo), madre single di un adolescente, che avrà una tormentata storia d’amore con Sandro. Il resto è buona fotografia, molto uso di canzoni già conosciute a commento delle sequenze, qualche ridondanza nella regia, che a volte fa un po’ troppo l’occhiolino a serie come Gomorra (che non poco danno hanno fatto nella costruzione di un immaginario solidale con le peggiori pulsioni degli esseri umani).
Manca completamente, e questa è la lacuna più grave e in definitiva imperdonabile, anche una pur minima analisi delle motivazioni sociali, economiche, culturali o subculturali del comportamento, delle abitudini, dell’orrenda etica del branco in cui sguazza questo tipo di tifoso del pallone.
Si rimane quindi a metà tra la sceneggiata napoletana condita in salsa iperrealistica e uno stanco trascinarsi degli eventi che porta ad un finale quanto mai prevedibile e scontato.
Un vero peccato, perché il tema scelto sarebbe di grande interesse e sarebbe stato molto interessante vederlo trattato con accuratezza e profondità, che qui mancano totalmente.

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