Cinema
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Nelle aule di scuola i mali della società

The Teacher
(Slovacchia - Repubblica Ceca 2016)
Regia: Jan Hrebejk
Con: Zuzana Mauréry, Csongor Kassai, Tamara Fischer, Martin Havelka
Durata: 102’

Parole chiave: The Teacher (1), Film (108), Cinema (103), Carlo Ridolfi (19)
Nelle aule di scuola i mali della società

Ispirato, come si legge in apertura, ad una storia vera e a dirette esperienze che il regista ha dichiarato di aver avuto in gioventù, il film di Jan Hrebejk, che gode di una splendida sceneggiatura di Petr Jarckovsky, è una commedia con risvolti amarissimi, quasi neri.
Si veda il mirabile inizio, che rappresenta quasi una vera e propria lezione di cinema sull’uso della dissolvenza incrociata: alunni (di giorno) e adulti (di notte) arrivano a scuola ed entrano nell’edificio quasi con gli stessi passi e le stesse movenze.
I primi sono i figli e le figlie, i secondi i padri e le madri, convocati dalla direttrice per discutere del reclamo presentato da alcuni di essi contro l’insegnante Drazdechova (la bravissima Zuzana Mauréry, ma tutto il cast, ragazzi compresi, è all’altezza di una prestazione magistrale) e i suoi comportamenti ritenuti inopportuni e deleteri.
La “giuria”, rappresentata dai genitori e dalla direttrice e vicedirettrice in riunione, è impegnata a dimostrare se chiedere favori personali in cambio di un trattamento di favore nelle valutazioni scolastiche sia un comportamento etico.
Domanda che potrebbe apparire retorica, se non fosse che regista e sceneggiatore avevano in animo, e ci sono riusciti praticamente alle perfezione, di mostrare quanto di conformismo, paura, pigrizia mentale, amore passivo del quieto vivere ci sia nelle persone che si trovino a discutere anche palesi ed eclatanti ingiustizie.
Siamo a Bratislava nel 1983. Quindi in una città che ancora apparteneva a quella che si chiamava Cecoslovacchia, inserita nel sistema di equilibrio politico orientale dominato dall’Unione Sovietica.
Ma la riflessione proposta dagli autori del film – per quanto affollato di dettagli significativi, che vanno dall’arredamento della scuola e delle abitazioni certamente non da situazioni economiche floride, ai molti quadri, uno più brutto dell’altro, giganteschi come quello che sta all’entrata della scuola, o più piccoli negli appartamenti e nelle aule – non è relativa solo alle evidentissime storture di un sistema di controllo sociale e politico come quello del socialismo dell’Est.
L’agghiacciante scena finale, nella quale qualche anno dopo e in un regime diverso (fa fede la fotografia del presidente Vaclav Havel appesa alla parete) l’insegnante ripete quasi identica la sua frase di presentazione, è la conferma che quella alla quale abbiamo assistito è stata la rappresentazione delle dinamiche del potere, del consenso, della manipolazione e della introiezione da parte delle vittime delle ragioni dei carnefici.

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