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«Ero un po’ “birichino” Poi qualcosa è cambiato» Il percorso lupatotino di Luca

di LUCA PASSARINI
Brina: conobbi Emilia e la mia vita prese un’altra direzione

«Ero un po’ “birichino” Poi qualcosa è cambiato» Il percorso lupatotino di Luca

di LUCA PASSARINI
Concludiamo il nostro percorso di conoscenza tra i diaconi permanenti della Diocesi di Verona – una decina in rappresentanza anche di tutti gli altri – incontrando Luca Brina, 59 anni, che fa parte del coordinamento della comunità: «Sono nato a San Giovanni Lupatoto, parrocchia del Battista, in una famiglia cristiana: mia mamma era molto devota, mio papà lo potremmo definire un po’ più “birichino”; diciamo che per una parte della mia vita ho preso da lui».

Per un adolescente come lui, che aveva in mente tutto tranne che la fede, più di qualcosa inaspettatamente è cambiato proprio sui banchi del liceo scientifico: «In quinta superiore è arrivata in classe Emilia Marino, figlia di un poliziotto giunta ormai al quattordicesimo trasloco. Nei sei anni di fidanzamento sono molto cambiato, d’altronde si dice che “a stare con gli zoppi si impara a zoppicare”, in questo caso in modo positivo». Sposati nel 1988 e stabilitisi a Pozzo, sono nati Davide (31 anni), Alessandra (26 anni) e Filippo (21 anni). Hanno condotto una vita cristiana regolare, con un avvicinamento progressivo alla spiritualità di san Filippo Neri – con il suo Oratorio e l’invito alla gioia – e un coinvolgimento sempre maggiore in parrocchia, anche in risposta a una chiamata che sentivano sempre più chiara a un impegno costante per gli altri, senza limitarsi solo a sé stessi: «Una richiesta importante quando i bambini erano piccoli, è stata quella di fare il presidente della scuola dell’infanzia. Tutto è iniziato perché suor Felicita, delle Suore francescane missionarie di Susa, a una riunione, vedendo che nessun genitore si proponeva, mi disse di candidarmi e, davanti alle mie titubanze, continuò affermando che non c’era da fare niente. Una profezia non proprio azzeccata, anche perché nel frattempo le regole e le attenzioni sono cambiate e moltiplicate, passando dalla buona volontà di qualche persona ad avere adesso un comitato composto da tre commercialisti e un approccio prettamente manageriale. Sono praticamente 22 anni che lo faccio e ben disposto a lasciare l’incarico a qualcun altro». Più o meno nello stesso periodo, l’allora parroco don Giuseppe Lonardi gli ha parlato una prima volta del diaconato: «Quella proposta mi ha portato fin dall’inizio molto timore. Ci siamo quindi presi del tempo tranquillo, durante il quale ho ricevuto l’istituzione a ministro straordinario della Comunione nel 2004 e poi ad accolito nel 2009». Nel 2011, proprio quando don Giuseppe è stato trasferito, Luca ha iniziato il cammino di formazione, compresi gli studi teologici: «Non sono stati facili per me, agente di assicurazione, ma più vado avanti e più ne colgo l’importanza, perché mi hanno aperto lo scrigno di un tesoro immenso e mi forniscono argomenti con cui entrare in dialogo. Importante è stato anche il consenso della mia famiglia, che ha vissuto tutto con naturalezza, e l’appoggio del nuovo parroco don Elio Aloisi, che mi ha accompagnato fino all’ordinazione il 7 gennaio 2017».

In questi anni il ministero in parrocchia è stato soprattutto rivolto alla visita agli anziani, a cui portare la Comunione, e alla pastorale battesimale. Ad essi si sono aggiunti alcuni incarichi diocesani, come quello di facilitatore del cantiere delle unità pastorali e la doppia richiesta nell’ambito del suo specifico ministero: far parte dell’équipe di formazione dell’anno di discernimento degli aspiranti, insieme a Gianni Pozzani e don Zeno Carra. Quindi svolgere il compito di coordinamento della segreteria della comunità dei diaconi, che vivono la loro formazione permanente con tre incontri annuali a livello diocesano, il ritiro comune in Avvento e Quaresima, la settimana di esercizi spirituali e altri incontri di formazione suddivisi in quattro zone.«Questo servizio mi permette di avere un punto di osservazione speciale e vedo persone semplici, che hanno il desiderio di vivere una fede autentica e lo stile del servizio nella quotidianità della vita, pur con tutte le sue fatiche e corse. Si tratta di una grande testimonianza in questo mondo, una grazia del Signore che coinvolge tutti i cristiani, con ministeri e compiti diversi, nella grande missione dell’evangelizzazione. Come diaconi, con tutti i limiti che abbiamo, desideriamo offrire la nostra disponibilità alle comunità e ai loro pastori; questo riempie il cuore di gratitudine, pure se a volte vuol dire il moltiplicarsi di impegni».

Riferendosi alle parole di san Paolo, sottolinea come i tre gradi del ministero ordinato si completano e integrano: «Possiamo dire che sono necessari l’uno per l’altro, con la specificità del diaconato permanente che permette, come ci ha ricordato ultimamente anche il vescovo Domenico Pompili, di raggiungere quella parte di fedeli che non frequenta abitualmente la parrocchia e le sue attività; nell’ambito della laicità, in cui siamo già di per sè immersi, possiamo fare la differenza e portare un valore aggiunto. D’altronde, nel rito di ordinazione, quando ci viene consegnato il Vangelo ci viene detto dal vescovo: “Credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”. Ora, il credere è una grazia, l’insegnare è un invito da prendere con le molle dato che solo uno è il Maestro, e ci resta solo il vivere, ovvero il mettere in pratica l’annuncio del Vangelo. Diciamo che se vivere questo invito del Signore è per tutti i battezzati, per noi è una chiamata particolare». Luca vive quest’anno la particolarità di avere in parrocchia anche un diacono del Seminario, don Gabriele Polledri, che svolge il suo ministero proprio a Pozzo e Raldon, mentre continua la preparazione verso il presbiterato: «Si tratta di qualcosa di meraviglioso, è un’esperienza unica e poi lo vedo come un figlio; si è creato un ottimo rapporto personale e di certo non c’è alcun tipo di concorrenza o pregiudizio».

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