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«Vieni, ti farò geometra di comunità». E il giovane Marco...

di LUCA PASSARINI
Don Marco Turri, da Lugagnano a una vocazione che lo ha portato oggi a Bovolone

Parole chiave: Chiesa (182), Verona (223)
«Vieni, ti farò geometra di comunità». E il giovane Marco...

di LUCA PASSARINI
Per raccontare la vocazione di don Marco Turri, potremmo contestualizzare il Vangelo e immaginare Gesù che lo nota immerso nelle carte dell’ufficio o a confrontarsi con le richieste delle persone, e gli dice: «Vieni, ti farò geometra di comunità»… 
Ha accolto e risposto alla chiamata, infatti, mentre con passione e dedizione viveva il lavoro per cui aveva studiato e che aveva intuito essere molto nelle sue corde. «E oggi, a 38 anni d’età e 9 da prete – ci racconta – devo dire che il Signore ha preso tutto questo mio bagaglio di formazione e capacità, ma ne ha fatto molto di più. Non ha stravolto quello che sono, ma nemmeno mi ha lasciato dov’ero. Ora rimane il desiderio di rendere concreti idee e progetti, l’attenzione e la cura per le persone così come per le cose pratiche, ma lo vivo in modo diverso». 
Inoltre don Marco, da settembre 2018 parroco di Bovolone insieme al moderatore don Cristiano Tezza, sottolinea come Dio abbia afferrato e compiuto anche un’altra sua qualità particolare: «Tratto importante della mia vita di giovane era quello di essere un animatore in parrocchia, soprattutto dei chierichetti e dell’Acr; pure di questo aspetto vedo che non è stato cancellato tutto, rimane traccia importante nel mio modo di essere prete, anche se non è più solamente quello. Stare con i bambini, intrattenerli, farli divertire e giocare è una ricchezza che ho ancora adesso, ma sono chiamato a viverla da pastore, promuovendo i talenti degli altri, e pure questo è qualcosa di bello e arricchente». 
Proprio nel suo essere inserito nelle attività parrocchiali della natia Lugagnano è cresciuta la fede e sorta la domanda interiore sulla propria vocazione: «In parrocchia ho sempre trovato un ambiente familiare, che mi stimolava e valorizzava. Da adolescente ho scommesso sulla mia fede, quasi come provocazione ho detto al Signore: “Vediamo se ci sei!”. Lì è iniziato il mio rapporto con Dio e ho iniziato a vivere la preghiera in modo diverso». 
Non sono mancate le fatiche e le crisi tipiche di quell’età, ma l’ordinarietà della parrocchia lo ha visto alimentarsi dell’Eucaristia, della preghiera, di diversi momenti e occasioni pastorali. A 23 anni tutto questo lo ha portato a chiedere al Signore di dare risposte sulla sua strada, su che orientamento dare alla vita. 
Più che una rivelazione, ecco un’occasione: «Un giorno ho conosciuto un seminarista, venuto nella mia parrocchia ad accompagnare il vescovo Flavio Roberto Carraro; mi sono chiesto: perché non io? È stata la prima volta che ho visto la strada presbiterale come affascinante e mi sono tornate in mente le parole che, non ancora diciottenne, avevo ascoltato da Giovanni Paolo II alla veglia della Giornata mondiale della gioventù di Roma del 2000, ovvero che seguire il Signore oggi è difficile, ma con l’aiuto della grazia è possibile». 
Da qui sono iniziati i primi passi di discernimento con il curato e il parroco, che lo hanno portato all’ingresso in Casa San Giovanni Battista, «fondamentale perché sono entrato a far parte di una comunità di giovani che, condividendo passioni, paure, desideri, ha dato conferma alle mie intuizioni». Il percorso del Seminario lo ha condotto all’ordinazione presbiterale il 19 maggio 2012, insieme a compagni di cammino che sono stati importanti fin lì e anche dopo, pur se le strade si sono parecchio differenziate. 
«Oggi a darmi forza – spiega don Turri – è il rapporto con il Signore, quella scommessa fatta a 14 anni di fidarmi di Lui. Questo mi porta ad accogliere con fiducia responsabilità nuove, preti con caratteristiche diverse da quelli conosciuti da ragazzo, comunità parrocchiali in continuo cambiamento». 
In questi anni di ministero, in effetti, don Marco ha vissuto esperienze molto differenti tra loro: prima da curato – con confratelli di quasi quattro decenni in più sulle spalle – l’esperienza delle parrocchie del Comune di Caprino in cammino verso l’unità pastorale; ora – insieme a un moderatore poco più grande e un prete giovane – quella di parroco di una realtà unica e molto numerosa, nel bel mezzo di un vero e proprio cambiamento d’epoca. 
«La fiducia nel Signore – riprende – mi porta a guardare tutto questo senza nostalgia e senza ideali impossibili. Sono certo che questo è il tempo che il Signore ci ha dato e che in questo oggi, con la sua realtà, la sua gente, le sue sfide, le sue ricerche, le sue problematiche, le sue difficoltà di orientamento, risplende la bellezza di un Dio che si dona e che chiama». 
A sostenerlo nel quotidiano, poi, due grandi pilastri: «Il primo è la comunità presbiterale con cui condividere il confronto e il ministero; il secondo è la comunità cristiana che ti mostra la cura che Dio ha per te, che ti accompagna nella tua costante crescita, che ti aiuta a tenerti con i piedi per terra e che ti chiama ad approfondire l’arte del discernimento, dell’attenzione alla realtà, dello sguardo aperto». 
Sia verso le persone, di tutte le età e le condizioni, affidate ad un parroco sia verso gli altri preti, soprattutto quelli più giovani, Turri dice di sentire «la responsabilità di testimoniare la bellezza di questa vocazione che ha anche fatiche e crisi, ma che è bella e possibile, come il Signore mi ha promesso. Questa chiamata non è per me e perché io stia bene, ma perché diventi rimando a Dio, invito ad innamorarsi del Signore. Proprio per questo mi accorgo che ciò che conta non sono i risultati, da conseguire con chissà quali strategie, ma le persone, i legami». 
In questo, sottolinea don Marco, il volto della Chiesa e il modo di essere preti è molto cambiato in questi decenni e ancor di più nei vari secoli, ma quella che rimane costante «è la dedizione per la comunità, la cura verso le persone, che si radica nella relazione con il Signore che chiama a voler bene, con le nostre capacità e nelle modalità adatte al presente. È bello sentirsi strumenti che possono aiutare a intravedere il Signore e la sua strada, nei momenti celebrativi, nei dialoghi personali, ma anche costruendo legami mentre si condividono spazi quotidiani o lavori pratici».

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